TEATRO MORLACCHI- PERUGIA. PREZIOSI E’ VAN GOGH CON L’OSSESSIONE DEL BIANCO.
L’OSSESSIONE DEL BIANCO. Per un pittore una tela bianca. O una parete assurdamente bianca, un vuoto da colmare con quadri appesi “ vorrei qualche dipinto di Degas o Gauguin e chiedi a ognuno...senti se vogliono un quadro mio. Ma no, non li potrei appendere qui, sarebbe come rinchiudere anche loro…qui dentro ” esordisce Preziosi- Van Gogh, rivolgendosi al fratello Theo, immagine cara, protagonista di un fitto epistolario con il pittore sono alla morte, ma qui fantasma del delirio. E il qui dentro è la stanza perfettamente bianca e asettica del manicomio di Saint Paul che accolse Vincent in uno dei suoi deliri. E lo smarrimento, il senso di vuoto dell’ “odore assordante del bianco” dove i cinque sensi sono annullati da quel biancore che non ha colore, non ha odore, non ha rumore. Che significa silenzio e freddo.
MA IL BIANCO è un colore, è il colore che li contiene tutti e per questo è annullato nelle sue troppe infinite potenzialità da diventare acromatico. E anche qui il bianco diventa l’annullamento del tutto, diventa il “non colore” di una follia privata di ogni stimolo sensoriale. Persino capire ciò che è reale e ciò che non lo è diventa difficile per il protagonista e anche per noi spettatori, che rimaniamo sospesi nell’attesa di capire. Reale il caro fratello Theo o forse no, solo apparizione della mente, forse reale il direttore del manicomio che prova su Vincent le cure legate alle nuovissime teorie freudiane sull’inconscio. Cure basate anche sull’ipnosi, per penetrare una “mente isterica” che necessita di “una prolungata osservazione psichiatrica”, ma dalla quale si intravede l’anormale genialità.
UN BRAVISSIMO PREZIOSI- VAN GOGH , ora lucido nel voler fuggire da quella latente assenza del colore, ora delirante sulla esatta consistenza della realtà che vive, “ questa follia è come un sogno, non distinguo più dove sono…” , ora prostrato dal manifestarsi della malattia, ora mosso dal guizzo di genialità. E un bravissimo Preziosi- attore proteso a rappresentare il tormento del personaggio, carico di espressività mimica e gestuale ora in una raggomitolata posa fetale, ora raggrinzito, rattrappito, annullato, disteso e condannato al letto di contenzione, ora in movimento smarrito tra le tre pareti della stanza. Dove la quarta parete è la nostra, di noi che assistiamo, da spettatori, a questo dibattersi, inerti e sospesi. Sospesi nell’attesa di capire. Sospesi tra una realtà e l’irrealtà che si muovono tra piani paralleli. Là dove vive il sottile filo rosso tra follia e sanità, tra verità e finzione.
Tra la realtà e il sogno.
"…i colori arrivano da quello che portano gli occhi, ed escono dalla punta del pennello…Tu, ti lasci attraversare e non vivi più per te stesso, ma per l’essenza delle cose…crocifisso su quel cavalletto”(Preziosi - Van Gogh)
“Ho fatto, sempre come decorazione, un quadro della mia camera da letto, con i mobili in legno bianco, come sapete. Ebbene, mi ha molto divertito fare questo interno senza niente, di una semplicità alla Seurat; a tinte piatte, ma date grossolanamente senza sciogliere il colore; i muri lilla pallido; il pavimento di un rosso qua e là rotto e sfumato; le sedie e il letto giallo cromo; i guanciali e le lenzuola verde limone molto pallido; la coperta rosso sangue, il tavolo da toilette arancione; la catinella blu; la finestra verde. Avrei voluto esprimere il riposo assoluto attraverso tutti questi toni così diversi e tra i quali non vi è che una piccola nota di bianco nello specchio incorniciato di nero, per mettere anche là dentro la quarta coppia di complementari” (Vincent Van Gogh dalla lettera all’amico Gauguin ). La camera di Vincent ad Arles (Arles, ottobre 1888); olio su tela, 72×90 cm, Van Gogh Museum, Amsterdam.
TEATRO MORLACCHI- PERUGIA
TSU Teatro Stabile dell’Umbria- Stagione di prosa 2118 201
VINCENT VAN GOGH
L’odore assordante del bianco
testo Stefano Massini
regia Alessandro Maggi
Con Alessandro Preziosi (Vincent van Gogh) Francesco Biscione (il dottor Peyron), Massimo Nicolini (Theo van Gogh), Roberto Manzi (il dottor Vernon-Lazàre), Alessio Genchi (Gustave) e Vincenzo Zampa (Roland). Scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta, disegno luci di Valerio Tiberi e Andrea Burgaretta, musiche di Giacomo Vezzani, supervisione artistica di Alessandro Preziosi.
una produzione Khora teatro.
TSA- Teatro Stabile d’Abruzzo
in collaborazione con Festival di Spoleto
marilena badolato