FERRAGOSTO A CORCIANO: A TAVOLA L’OCA E LE SUE RIGAGLIE.
ACCANTO alle rievocazioni storiche, agli eventi espositivi, al teatro, alla musica, alle presentazioni letterarie che hanno animato l’Agosto Corcianese-Corciano Festival-, non poteva mancare la buona tavola, che culmina nel giorno di Ferragosto con le immancabili ricette che vedono protagonista a tavola l’oca. Che, come ogni anno, viene preparata dal ristorante “Il Convento” secondo tradizione: dall’oca arrosto, che prevede la farcitura dell’oca con il suo bel polpettone dove si inseriscono anche le interiora dell’animale a donare maggiore morbidezza e sapore alle carni, alle tagliatelle condite sempre con il sugo di rigaglie.
E’ IL QUINTO QUARTO CHE AFFASCINA! E non chiamiamolo scarto. Sono tutte quelle parti, considerate meno nobili, come la testa, la coda e le zampe, il polmone, il cuore, il fegato, lo stomaco sia dei bovini, che degli ovini e dei suini e le rigaglie dei volatili selvatici e da cortile. La parola rigaglie o regaglie (prob. lat. regalia, neutro pl. sostantivato di regalis da re, degno di un re) in realtà erano cibarie destinate ai servitori, visto che solo il signore mangiava il pennuto. La parola frattaglie invece deriva dal latino "fractus" spezzato, per indicare le interiora degli animali macellati che venivano lacerate. Consumate dall'uomo sin da quando iniziò a cacciare per nutrirsi, poichè appena estratte da un animale ucciso erano morbide e ricchissime di nutrienti. Alcune delle prime testimonianze scritte del loro consumo provengono dall'antico Egitto, dove il fegato d'oca era ritenuto una prelibatezza ed è nota la passione degli Etruschi per le frattaglie, e non solo come vaticini da interpretare. I francesi le chiamavano “parties nobles”, e ogni cacciatore aveva con se alcuni coltelli diversi per rimuoverle con un piccolo rituale, e offrirle poi al più coraggioso fra tutti. Ed è per questo se ancora oggi diciamo di un uomo intrepido che ha “fegato”.
NEL Libro de Arte Coquinaria (1456-1467), capolavoro scritto nel corso degli anni da Maestro Martino, “principe dei cuochi ai nostri tempi, dal quale ho imparato a cucinare ogni pietanza” scrive il Platina: “Per fare un pastello de creste, ficatelli et testiculi di galli”. Nel corso dei secoli l’uso di cucinare rigaglie è stato mantenuto e persino nobilitato, come in Giovanni Vialardi (1804-1872), capocuoco di Carlo Albero e Vittorio Emanuele II, nei cui testi troviamo una salsa denominata ragout à la Financière, a base di rigaglie e grecili di pollo arricchiti con il tartufo ed un vino pregiato, come il Madera o il Marsala.
LE FRATTAGLIE: UNA CONNOTAZIONE SEDUTTIVA. Nella storia degli uomini le frattaglie non hanno mai perso la loro connotazione segreta seduttiva. Le viscere infatti rendono possibile la vita, sono la parte più interna in contatto diretto con il sangue e il suo continuo fluire. Per questo gli antichi videro in esse il culmine della saggezza, o del potere, come del coraggio, anche il più sanguinario. E così impudicamente poste in vendita, appese nel loro colore smorto o livido o ancora sanguinolento, esprimono una primordialità carnale, e diventano nello stesso tempo merce destinata a un uso denso di conoscenze popolari e proverbi, e di luoghi di strada e di osteria.
E NEMMENO il nostro tempo di smitizzazione, con le carni chiuse, incellophanate e impacchettate già in porzioni distinte, riesce a togliere l’idea di antichi rituali simbolici dell’uccisione e della pratica cultuale che ancora oggi evocano le frattaglie. Le consistenze, le forme mutevoli, le diverse colorazioni di budella, animelle, cervello, fegato, milza, polmoni, pancreas, stomaco, sono un fantastico caleidoscopio che rimanda l’idea di un vitto “antico”, collegato spesso alla conoscenza della tecnica del “ come si cucina”. Così tali “ricette” diventano “rituali” che sopravvivono nella tenacia delle tradizioni culinarie e sociali attraverso gli usi locali, le abitudini familiari delle festività o delle pratiche stagionali: l’inverno è del maiale, la primavera dell’agnello, l’estate dell’oca, con le rispettive “interiora” da interpretare, da utilizzare in nome anche di una moderna serendipità.
Così le frattaglie sono in realtà, loro malgrado, ricchezza e vera sapienza in tavola da tramandare.
marilena badolato