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IL FESTIVAL DEL MEDIOEVO E LA PERUGIA TEMPLARE. AUDITORIUM SAN FRANCESCO AL PRATO.

UNA DUE GIORNI che ha raccontato la “Perugia templare”, con la storia di uno degli Ordini monastici forse più misteriosi, svelato da grandi studiosi nel fascino dell’Auditorium di S. Francesco al Prato e attraverso visite guidate ai luoghi templari, San Bevignate, San Manno e il Castello dei Cavalieri di Malta di Magione. Un evento organizzato dal Festival del Medioevo e dal suo fondatore e direttore artistico, il giornalista Federico Fioravanti, con interventi di studiosi tra i più qualificati dell’Età di mezzo come Simonetta Cerini, Kristjan Toomasoeg, Attilio Bartoli Langeli, Nicolangelo D’Acunto, Mirko Santanicchia, Franco Cardini.

 

 

UN ORDINE fondato nel XII secolo da Hugues de Payns a protezione dei pellegrinaggi in Terrasanta e della durata inferiore ai due secoli, ma che ha lasciato segni profondi nell’immaginario collettivo dell’Occidente.

 

 

I TEMPLARI, considerati bellicosi, in realtà non potevano permettersi nemmeno la collera perché rompeva la “divina fraternità” e avevano il dovere di combattere solo se ritenuto necessario. In origine “canonici” dall’importante vita attiva, poi diventeranno monastici che seguono la Regola di San Benedetto. I Canonici dovevano curare la parte religiosa, gli Ospitalieri dovevano curare e dare ospitalità ai pellegrini e la Milizia di Cristo avrebbe avuto scopi puramente militari di protezione dei pellegrini in Terrasanta. Questa divisione dei compiti avrebbe riprodotto l'organizzazione della società medievale, che era composta da sacerdoti (oratores), guerrieri (bellatores) e contadini (laboratores). Così nacque l'idea di fondare l'Ordine dei Templari, che fecero i tre voti monastici di "povertà, castità e obbedienza" a cui ne aggiunsero quello della lotta armata agli infedeli. Presero quindi il nome di "Poveri Soldati di Cristo" ma, visto che la loro sede era in prossimità del tempio di Salomone, vennero chiamati “Cavalieri Templari”.

 

 

DAL MITO del tesoro alla realtà. L’idea che i Crociati avessero ottenuto grandi ricchezze è sempre più difficile da giustificare. La Crociata infatti era un affare estremamente costoso e senza vantaggi, ma vi era la convinzione che la partecipazione alla lotta contro gli infedeli avrebbe garantito la salvezza spirituale. Alcuni Templari poi furono costretti a dedicarsi al settore finanziario, perché i partecipanti alle crociate consegnavano loro gli oggetti di valore affinché li custodissero. Inoltre la bolla “Militia Dei”, emessa da Papa Eugenio III il 7 aprile 1145, confermò i privilegi dell’Ordine , ne rafforzò l’indipendenza in rapporto al clero secolare e ai vescovi, permise di raccogliere decime ed estese la protezione apostolica alle persone e ai loro beni. Ma l’economia dell’Ordine non aveva il concetto di “tesoretto”, ma anzi vigeva l’idea che il denaro dovesse circolare: la cassa era in comune e i crediti e i prestiti non prevedevano mai interessi. I Templari diventarono così abili nell’amministrare il denaro, che serviva soprattutto per finanziare i costosi pellegrinaggi in Terrasanta, che persino i re lasciavano loro beni in custodia. La Regola dell’Ordine diceva: “che si possono avere terre, uomini, contadini, mantenere i campi e governare con giustizia, e prendere i diritti da queste cose in quanto si è appositamente abilitati”. Grande era il loro patrimonio immobiliare soprattutto in Francia, Ungheria, Inghilterra e Sicilia Le case dell’Ordine erano chiamate Commanderie o Precettorie e servivano come “base arretrata” in Occidente per finanziare le attività in Oriente e garantire il reclutamento militare e la formazione spirituale dei Fratelli. Una Commanderia nasceva dalle donazioni di terre e di case, infatti la maggior parte dei beni di proprietà dell'Ordine del Tempio veniva da donazioni o lasciti e anche coloro che entravano nell’Ordine spesso donavano parte delle loro proprietà.

 

 

DIVENTARONO ben presto i tesorieri di fiducia dei Re. Questa pratica, che si univa a qualsiasi altra attività finanziaria dei Templari, si concluse sotto il regno di Filippo IV il Bello che con furia e ferocia attaccò il Tempio e abolì l’Ordine. Il re di Francia aveva infatti un forte debito verso i Templari: si impadronì così delle loro ricchezze dichiarandoli corrotti e il loro culto “abominevole, seguace dell’Anticristo” e arrogandosi così “il diritto e il compito, come vicario di Cristo, di distruggerli”. Li accusava di orgoglio, avidità e di essere inadatti a difendere la cristianità contro gli infedeli. Che avessero solo interessi economici e addirittura di avere prolungato le imprese belliche per i loro interessi, per aumentare il bottino delle conquiste.

 

 

COSI’ il Templarismo si fece strada tra storia, mito e menzogne, ma lasciando vestigia significative come racconta, a Perugia, San Bevignate, la più importante e significativa chiesa templare, dove si conserva un eccezionale ciclo di affreschi realizzato proprio nel momento di massimo splendore dell’Ordine e della città.

 

 

E PERUGIA in questi anni vede la costituzione della “Pietra della giustizia”, documento lapidario in marmo che sanciva la Pace cittadina tra le diverse fazioni e il completo azzeramento del debito pubblico nella felice vita di un libero Comune, una “città fatta non solo di pietra, ma di abitanti”, un perfetto connubio tra urbs e civitas, una dimensione politica e sociale. E simbolo principale la edificazione della Fontana Maggiore, ancora oggi cuore pulsante della nostra città. Utilità e decoro insieme.

 

 

LA popolazione di Perugia è di circa 35.000 abitanti, in 37 parrocchie entro le mura e 31 nei borghi, terre abitate ma non racchiuse dalle mura. La città si fa bella: si crea il contrafforte del Sopramuro con una grande operazione urbanistica, si crea l’acquedotto di Monte Paciano con l’importante arrivo dell’acqua in città, si inizia il Palazzo dei Priori, si restaura la Piazza grande e si creano le Vie Regali, si costruiscono San Bevignate e Sant’Ercolano, restando la centralità della Cattedrale.

 

 

IL SENSO DELLA FONTANA MAGGIORE è pieno di significati. “Guarda tu che passi la gioconda vita di questa Fontana. Se osservi bene puoi vedere cose mirabili. Sant’Ercolano, san Lorenzo, continuate a implorare. Che conservi le acque Colui che siede sopra gli astri”. Inizia così la lunga iscrizione in esametri leonini che si legge lungo la cornice che cinge la vasca superiore: i patroni della città, il martire locale Ercolano e san Lorenzo cui è dedicata la cattedrale, sono i tramiti a cui i Perugini possono assicurarsi la benevolenza di Dio. È bene infatti che l’acqua continui a sgorgare senza sosta. Vengono poi menzionati gli artefici dell’opera: Fra’ Bevignate che, su incarico del comune, «ha diretto ogni cosa», un monaco benedettino con molteplici competenze ingegneristiche, seguono gli autori principali dell’apparato scultoreo, Nicola Pisano e suo figlio Giovanni, e si ricorda infine Boninsegna da Venezia, un esperto di idraulica convocato dal comune per concludere la difficile impresa dell’acquedotto che doveva rifornire la fontana. Realizzata in tempi assai brevi, nell’arco di un anno, visto che l’epigrafe è datata 1278, mentre il progetto era ancora in discussione nell’autunno 1277. E nel 1277 era già pronto il catino bronzeo della sommità, opera del fonditore Rubeus (Rosso) un maestro non meglio definito, al cui centro è collocato il gruppo delle tre portatrici d'acqua (oggi copia in vetroresina, il cui originale è esposto alla Galleria Nazionale dell'Umbria).

 

 

NELLA VASCA SUPERIORE, che si legge come una rosa dei venti, attorno al “vertice nord” segnato dalla statua di Euliste, il re etrusco che avrebbe fondato Perugia, spiccano le figure del Podestà Ermanno da Sassoferrato e del Capitano del popolo Matteo da Correggio. Sul lato opposto, Augusta Perusia, con la cornucopia che è antico simbolo di abbondanza, è affiancata da due personificazioni del territorio, la domina del Chiugino, che reca il grano, e la domina del Lago Trasimeno, che reca il pesce. Ai lati san Lorenzo e sant’Ercolano. Sull’asse ovest-est le figure riallacciano la città a una dimensione storica e religiosa molto ampia: Salomone, a est, rappresenta Gerusalemme, l’antica capitale e la fonte della sapienza cristiana. Sul lato opposto è Roma, la nuova capitale della cristianità. Ai suoi fianchi spiccano san Pietro, la personificazione della Chiesa romana, e san Paolo, la personificazione della Teologia. L’Urbe ritorna nelle formelle della vasca inferiore, dove le origini della città fanno parte della storia universale. Si parte dalle vicende di Adamo ed Eva (Trasgressione e Cacciata dal Paradiso terrestre) e si giunge infine ai quattro pannelli dedicati a Romolo e Remo. Si parte cioè dal peccato originale e si giunge alla nascita dell’Urbe. Nel mezzo, Sansone e Dalila alludono al tradimento, Davide e Golia al coraggio. Si interpone poi nella narrazione un bestiario: un leone si ritrae impaurito non appena si accorge che l’uomo che ha davanti colpisce a suon di verga un semplice cagnolino (catulus), secondo un sentire diffuso dell’epoca, che l’astuzia vale più della forza. Ritroviamo poi due celebri favole di Fedro (Il lupo e la gru, Il lupo e l’agnello), riproposte anche negli affreschi della Sala dei Notari (1298-1300), con la sottintesa morale rivolta ai governanti: non aiutate gli indegni; guardatevi dai manipolatori che ricorrono alle falsità per ottenere i propri scopi. Proseguendo in senso antiorario si sviluppa il celebre Calendario. Secondo una tradizione iconografica, ogni mese è evocato dalle occupazioni che lo distinguono nella vita dei campi (curioso è che il mese di marzo sia segnato con il numero 1, cioè sarebbe dovuto andare al primo posto). E seguono le arti liberali: Grammatica, Retorica, Dialettica, Geometria, Musica, Astronomia, Filosofia.

 

 

FULGIDO esempio, la nostra Fontana Maggiore, di come la società urbana e in generale italiana del tempo, fosse un prodigio di ricchezza, di intelligenza e concordia e dotata di grande ambizione e di una capacità straordinaria di “fare davvero”. Un secolo di una splendente realtà che si farà più buia dopo la metà del Trecento.

 

 

 

marilena badolato

 

 

 

 

AUTHOR - Marilena Badolato