LA “SENSATIONAL UMBRIA” DI STEVE MC CURRY
Guardando le foto di McCurry si ha come l’impressione che l’Umbria gli sia rimasta incollata addosso. Lo sguardo lungo, o meglio la visione larga, quella curiosità del mondo e la capacità di riprodurla che un fotografo possiede, appare affascinata e attaccata all’obiettivo che immortala non solo la bellezza, che l’Italia ne è piena, ma la verità. Dell’Umbria traspare la verità. Verità della storia, della geografia di un territorio immutato, immutabile nel tempo, che per questo acquista metastoricità, diventa quasi filosofia, modello, materia da antropologo insomma, che si occupa di scienze umane. Verità dell’uomo e la sua vita, del lavoro e della terra che diventa così territorio, cioè comprensione del vivere insieme, di limiti e possibilità, di traguardi e di retrocessioni, di vittorie e sconfitte, che solo un microcosmo condiviso può offrire. Un ritmo lento, nel momento in cui tutto corre, un rallenty che incuriosisce, da indagare, da capire. In mezzo a ciò sta la scintilla della creatività che non ci manca affatto, quasi gente in via di estinzione, che vuole una dimensione lenta del vivere per godere meglio poi dello scatto, dello slancio di un attimo, del guizzo creativo, che però permetta alla realtà di tornare poi come era prima. Curiosa gente, dove la maestria e la creatività etrusca si è sommata, nei millenni, alla pacifica laboriosità degli antichi Umbri. Curiosa gente che vive ancora arroccata in un capoluogo che è una acropoli chiusa non più da torri o porte, ma da Ztl, zone a traffico limitato. Sensational Umbria è la mostra di McCurry, visitabile sino al 5 ottobre negli spazi del restaurato Fatebenefratelli e a Palazzo della Penna, arricchita di nuove foto: la nostra acqua, da quella del rafting tra le rocce della Valnerina a quella di imponenti cascate, all’acqua di fiumi e di magici rivi come il Clitunno, a quella del Lago e delle nostre tante fontane; e ancora i verdi altopiani, con i colori di antichi cereali e legumi del passato misti a papaveri rossi, che sembrano riprodurre i colori dei costumi dei rioni medievali che ancora gareggiano in impossibili tornei; o i Ceri, portati sempre correndo pur se l’arrivo è da millenni sempre quello, e ancora le tante bellissime piazze, e i fiori ovunque nei balconi o in terra in sacre composizioni; la musica nei borghi, l’enogastronomia con il calice del vino accanto e il filo d’olio cosparso su tutto; i merletti, le trine e i pizzi, quelli veri e quelli delle vetrate d’artista; l’arte per strada e l’arte nei musei, il “divin pittore” e le sue tele e il “per aspera astra” scritto sugli antichi manufatti a telaio; la Rocca Paolina, la nostra affascinante città sotterranea, e la notte a Perugia, quando il Corso e la Piazza attorno alla Fontana,- mio dio che bellezza-sono gremiti di gente assonnata e felice; e ancora il Sandri ritrovato, il jazz per le strade suonato, il cioccolato che tinge le case, il cielo, la gente di caldo marrone tostato. Tutto ciò in scatti di luce, colore, bagliori, saette e lampi, in case, chiese, strade e scale strette, dove poco si può inventare, ma persino un mini-metrò per giocare o per sognare, ma anche per scalare, in fretta e senza scale, le nostre ripide erte e in centro arrivare; certo piccolo e di superficie, ma vivo di binari aerei, dove vagoncini rossi possono sfrecciare su verso le antiche mura. Noi ci invecchiamo quassù, tra queste nostre mura, le coccoliamo, le trasformiamo, dove possibile, a nostro uso e consumo, ma è impossibile farne a meno. Bianche, luminose belle, anche quando è tutto scuro e c’è il temporale, anche quando spira la tramontana (e non i monsoni come qualche giovane blogger ha scritto parlando del nostro vento), che sembra proprio nasca da qui, fredda e asciutta, fabbricata da noi, inquieti se non la sentiamo d’inverno soffiare. Non è solo affetto, è consapevolezza della propria “serenità” di vita anche quando sereni non siamo. Forse perché siamo abbracciati da questa città, da una regione a misura d’uomo e, pur volendola cambiare, non la cambieremmo mai.
Sensational Umbria di Steve McCurry: le foto, appena sollevate dal pavimento, sono retroilluminate da led e risplendono in questa grande sala immersa nel buio. Disegnano quasi un viaggio, obbligano a percorrerlo, ne segnano il percorso di luce, ne scandiscono le tappe. Sono un viaggio nelle verità della nostra regione, che diventa bellezza, e ora ce ne accorgiamo.
marilena badolato maribell@live.it