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TREVI E’ ANCHE UN GOLOSO PIC&NIC TRA PAPAVERI E ULIVI: GEMELLAGGIO DI GUSTO 2014

TREVI E’ UNA PENNELLATA DI CASE IN MEZZO AGLI ULIVI. Trevi spalmata lungo una costa ripida, issata in alto, quasi sospesa tra la terra e il cielo. Trevi, la città dell’olio ideale. Se vuoi raggiungerla devi percorrere una strada che sembra una litoranea tanto si inerpica con i suoi tornanti e, arrivato in cima e volgendo lo sguardo, ti aspetti di vedere il mare e in fondo lo vedi per davvero: un mare di olivi, una distesa calma, verde o argentea a seconda della luce del giorno o della sera che avanza. E’ come se le case fossero nate dopo, rispettose di un panorama olivato che lì esiste da sempre. Come se si fossero fatte da parte a palcoscenico di una recita verde intenso, dove il protagonista è l’olivo, le sue fronde, la sua storia. Trevi è solo olivi, colline di olivi. E a guardia, in basso, là dove le acque parlano di magici riti che persino i Romani portavano i buoi a bagnarsi in queste zone, quelli adatti al sacrificio, per renderli più bianchi nelle acque del Clitunno, lì sotto a “Bovara” c’è un olivo millenario, quello di Sant’Emiliano, perchè a quel tronco fu legato il santo martire al suo supplizio. In un antico codice del IX secolo, la Passio, che narra il martirio di S. Emiliano, o Miliano, primo vescovo di Trevi, si legge: "lo legarono ad una giovane pianta di olivo ove fu decapitato”. Correva l'anno 304 e l’olivo in questione è identificato in questa pianta monumentale da sempre indicata come l'Olivo di S. Emiliano, il più antico dell’Umbria. Passato e presente si mescolano nei nostri affascinati borghi umbri, i più belli d’Italia, dai nomi antichi e dalle antiche fisionomie. Trevi è anche Sedano nero, coltivato negli orti chiamati Canapine, che lì era zona d’acqua e di coltivazione della canapa. Nero perché verde-verdissimo, e avrà bisogno dei tempi e ritmi della natura, della luna e della perizia della mano dell’uomo per diventare bianco che più bianco non si può, croccante dal cuore tenero e soprattutto senza filamenti fibrosi. Un ecotipo selezionatosi localmente con particolari caratteristiche organolettiche, ma unico grazie anche alla purezza delle acque con cui viene irrigato, ancora loro, quelle sorgive, “ chiare, fresche e dolci acque” del fiume Clitunno. Forse a Trevi è nato il “pinzimonio”: sedano e olio si sposano qui in un connubio vincente. Trevi è anche vino Trebbiano, un vitigno a bacca bianca, autoctono, cioè che trae origine da questi luoghi. Il vocabolo Trevi viene dall’antico Umbro trebeit, casa, abitazione, conservato nell’italico treba o trebula, casa agreste di campagna, corrispondente al nostro odierno “casale”. Ma la cosa interessante è che trebbiano viene dal latino trebulanus, una sorta quindi di “vino rustico “, casereccio, il vino di casa. Già conosciuto dagli Etruschi e celebrato da Plinio, il trebulanus era il vino dei legionari romani, sicuramente poiché si attribuivano a questo vitigno selvaggio, spontaneo e robusto, virtù medicamentose. E di trebbiano erano le viti che salivano e si arrampicavano lungo gli alberi, si avvinghiavano, si maritavano agli olmi, e sicuramente da queste “ vitis vinifera silvestris” i biondi grappoli scendevano a creare dorati vini di antichi ducati. Col tempo diventati per la loro facile robustezza costituzionale vini da taglio, ed oggi recuperati alla loro autoctona dignità: habemus trebulanum, finalmente nel 2011 il Trebbiano spoletino è DOC. Del resto le uve del trebbiano, nella sottovarietà chiamata procanico, vengono adoperate anche per i prestigiosi cognac francesi! Trevi è anche un grande, coinvolgente Pic&Nic tra papaveri ed ulivi, una specie di take-away e take-off che vanno tanto di moda oggi, ma che a Trevi esiste già da sette edizioni, per godere delle giornate di primo sole e per incollare, fissare saldamente nella mente, la natura all’arte, al vivere insieme in armonia, al gusto dei sapori veri e storici legati insieme da culinarie innovazioni grazie a un “gemellaggio di gusto”, ai mestieri di un tempo e a coloro che sanno reinterpretarli perché non muoiano. Insomma al passato, al presente, al futuro che è già oggi.

marilena badolato 21 aprile 2014

AUTHOR - Marilena Badolato