QUANDO “PANE E OLIO” ERA LA NOSTRA MERENDA.
PANE E OLIO ERA LA NOSTRA MERENDA. Quando non si parlava di “merendine”. E quando assaggiare “ pane, vino e zucchero” era ancora proibito per la troppo tenera età. E avere l’olio nuovo era un miracolo d’attesa, anche per noi che stavamo in città e non eravamo figli di contadini. Ma ugualmente fortunati, perché Perugia ha sempre avuto, a due passi dal centro storico, il suo verde, i suoi campi, i suoi orti, e soprattutto i suoi ulivi: l’olio nella zona di San Girolamo, dove dalla metà del ‘900 un Giovanni Batta frangeva l’olio; l’olio dei frati di Montemorcino; l’olio della azienda della famiglia Rocchi, con le piante d’ulivo appena fuori le Mura di Porta Sant’Angelo, con la casa e i magazzini dell’olio proprio lungo la via che ancora porta il loro nome, proprio davanti all’Arco Etrusco. Famiglia che ha dato i natali al sindaco di Perugia Ulisse Rocchi, passato alla storia per il trinomio “ luce, acqua, tram”, le opere più significative del suo mandato. Storia mista a racconti dei nonni e ricordi di piccola bambina. Certo pregiato era considerato l’olio della zona spoletina, per intenderci quello di Trevi, di Spoleto, di Spello. A casa non si poteva stare senza la propria riserva d’olio, in piccole damigiane impagliate, chè non prendesse la luce, e sistemate in quel “fondo” che era la stanza delle leccornie, dei profumi, delle bontà, dove c’era l’olio, c’era l’uva appesa- se non si aveva una soffitta- e c’era la damigiana del vino da mescere di volta in volta.
ALLORA IN QUESTO MESE “ ANDIAMO PER OLIO ” GIRIAMO PER “ FRANTOI APERTI ” la manifestazione spalmata in alcune città dell’Umbria, cercando l’olio nuovo, quello che troveremo, magari ottenuto da connubi con belle e sane olive italiane che alcuni produttori d’olio hanno acquistato fuori regione, grazie ai contatti reciproci che avvengono nei frequenti concorsi oleari. Giriamo per “Frantoi aperti” dal 1 al 30 novembre: da Assisi, a Trevi, a Spoleto, a Foligno, a Spello, a Campello sul Clitunno, a Piegaro, Gualdo Cattaneo, Castel Ritaldi, Giano, Passignano, Magione, Castiglione del lago, si rincorrono manifestazioni con al centro gli “ assaggi d’olio” , perché assaggiando capiremo se l’olio è buono o non buono. Fidiamoci della nostra olfazione, il senso straordinario e il più antico per capire se quello che portiamo al naso ed eventualmente in bocca, è appena commestibile o pregiato. Fidiamoci anche delle “famiglie dell’olio” , che fanno olio da sempre. Nella catastrofe umbra dove la produzione ha perso oltre il 40% dell’olio nostrano, si trova una nota positiva, come ha detto giorni fa Maurizio Pescari, giornalista enogastronomico: comprendere meglio la Natura e il clima che cambia, e attuare le giuste strategie. E conoscere, aggiungo, le altre realtà italiane e venirne in contatto. E non ultimo, come afferma l’agronomo Giovanni Breccolenti, conoscere l’ “ arte del fare olio “ perizia -esperienza –conoscenza. Da questo connubio tra olive sane e arte nasce il nostro Olio umbro.
LA MOSCA OLEARIA E LA TIGNOLA QUEST’ANNO HANNO VINTO, MA NOI NON CI DIAMO PER VINTI. Alcune piccole, ma già pregevoli aziende di produttori hanno comunicato che non raccoglieranno le proprie olive, non frangeranno, per ottenere quell’ olio che certamente non rispetterebbe il loro standard di qualità. E questa è una nota di grande tristezza e scelta sicuramente dolorosa. Scelte aziendali da comprendere e rispettare, ma da comprendere e rispettare anche quelle aziende che continueranno a fare olio, perché hanno una fisionomia aziendale che annovera vari dipendenti e contatti e clienti da accontentare.
QUESTO MANIFESTARSI DELLA TERRA OGNI ANNO CI RIEMPIE DI STUPORE, spesso battaglia contro elementi avversi, spesso difficile comprensione dei climi che cambiano e studio del cielo e del vento e della pioggia e del sole e di tutto quello che troveremo poi nei frutti. Bisogna conoscerle queste piante d’ulivo e amarle tanto e proteggerle con il pensiero e l’azione e lo sguardo di ogni mattina. Bisogna anche affidarsi ad esperti studiosi, agronomi, che interpretano i cambiamenti in anticipo, che sanno poi anche scegliere i frutti migliori nelle zone più fortunate dove i danni del clima sono stati minori.
Perché noi in Umbria senza olio ci sentiamo un po’ orfani e non possiamo nemmeno immaginare di non assaggiare quel pane e olio della nostra infanzia. Che poi da grandi chiamiamo bruschetta.
marilena badolato 2 novembre 2014 foto di marilena badolato