OCA ARROSTO A FERRAGOSTO.
OCA ARROSTO A FERRAGOSTO nel perugino, ma anche in gran parte dell’Umbria, che festeggia con questo antico volatile la tavola della piena estate. Arrostito e farcito di aromi dell’orto, cotto in porchetta, riempito con un gustoso polpettone e servito sempre con le patate, il pennuto, dopo essere stato mondato, viene cosparso di “battuto” cioè lardo o strutto di maiale con aglio, pepe, sale, rosmarino e salvia, ma anche trasformato in “ sugo d’oca”, il famoso ragù di accompagnamento a gnocchi o a tagliatelle di sfoglia tirata a mano, ruvida e alta quanto basta a raccogliere e fermare il prezioso intingolo. Questo il menù di ferragosto da dividere in compagnia.
LA COTTURA DELL’OCA ha rituali molto antichi e legati a giorni di festa di un calendario liturgico da rispettare attraverso l’Europa e l’Italia. In molti paesi del nord Europa si mangia oca arrosto per San Martino e in Boemia se ne trae addirittura l’oroscopo per l’inverno che verrà, mentre in Svizzera l’arrosto d’oca viene profumato con mele renette. In Francia è nota l’abilità con cui i rosticcieri dei quartieri parigini di Saint-Séverin e Saint Merri preparavano l’animale: dopo averlo ingrassato, lo arrostivano e lo tagliavano in pezzi conservandone gli scarti con cui preparavano un piatto detto petite oie (ochetta) che si gustava nell’attesa del piatto principale. La tradizione di cibarsi dell’oca nel giorno di San Martino è collegata alla leggenda che narra che Martino si nascose non appena seppe della sua elezione a vescovo di Tours non volendo abbandonare il saio e la vita dedicata ai poveri, ma le oche lo individuarono starnazzando allegramente e consegnandolo così ai festeggiamenti della città in suo onore. Ma consumare carne d’oca ai primi di novembre deriva certamente dal fatto che in questo periodo le oche selvatiche migravano verso sud e quindi era più facile cacciarle. La diffusione del consumo di questo volatile ha generato numerosi proverbi: "Oca, castagne e vino, tieni tutto per S. Martino", oppure il veneto "Chi no magna oca a S. Martin no 'l fa el beco de un quatrin", una tradizione molto sentita nel triveneto italiano che sembra derivi dall’uso e lavorazione di questa carne ad opera di alcune comunità ebraiche provenienti dall’Europa del nord che si stabilirono, attorno al 1400, nelle regioni settentrionale della nostra penisola. Non potendo, per motivi religiosi, consumare carne di maiale, i loro macellai iniziarono a preparare salami e piccoli prosciutti d'oca. Fino ai primi del Novecento l'oca era considerata anche “moneta di scambio”: con essa fittavoli e mezzadri pagavano ai proprietari terrieri una parte del dovuto e nei mercati si scambiavano le oche con stivali, come ricorda la fiera di S. Andrea a Portogruaro, detta "Fiera delle oche e degli stivali".
ANIMALE PREZIOSO INSIEME AL MAIALE, perché utile riserva di sopravvivenza invernale, in grassi e proteine, dei contadini che si cibavano quasi sempre solo di polentine di cereali e legumi e potevano così rendere saporite e sostanziose anche le pietanze più povere. In tempi in cui era difficile vivere, lei donava uova, piumino e ottima carne e persino la pelle veniva usata e, dopo essere stata conciata, serviva per confezionare pellicce per riscaldarsi. L’oca iniziò poi ad essere utilizzata anche come piatto estivo per i numerosi commensali che partecipavano alla battitura. Anticamente infatti le famiglie contadine, per dimezzare la fatica in occasione della raccolta del grano, si aiutavano lavorando insieme nei campi e scambiandosi i primi macchinari agricoli e le donne, in previsione del pasto da offrire ai vicini come riconoscenza per l’aiuto ricevuto, iniziarono a servire l’oca come pasto finale da condividere insieme: pasta condita con il sugo d'oca, oca ripiena, oca arrosto, oca in umido, e nella Toscana più tradizionale persino il “ collo d'ocio” ripieno.
PERSINO NEL FAMOSO GIOCO DELL’OCA, di cui la più antica stampa conosciuta è pubblicata a Venezia nel 1640, appare un’oca arrosto, raffigurata al centro di una tavola imbandita alla quale siede allegramente una famiglia. In alto compare la scritta “il dilettevole gioco de loca”. Questo gioco semplice e dove è necessaria solo un po’ di fortuna “ai dadi”, rappresentava in fondo il concetto del bene, le oche, e del male, gli ostacoli da superare. Così si diffuse molto velocemente e presso tutte le classi sociali, dando origine alla creazione di giochi diversi, ma concettualmente simili, i cosiddetti “giochi di percorso” dove si inserirono temi didattici, storici, religiosi, favolistici.
KONRAD LORENZ, zoologo, etologo austriaco, padre della ricerca comparata sul comportamento, fece dell'oca l'oggetto dei suoi studi osservando, ad esempio, che se condotte al pascolo la mattina, come avviene in certi paesi nordici perchè l'oca per sua natura ama pascolare, alla sera le oche rientravano da sole ognuna dal proprio padrone. Definita la più sciocca forse per il forte schiamazzo che fa quando si esprime, invece sembra animale molto intelligente e sagace: riconosce la voce del padrone e la figura e lo segue ovunque. In Romagna un proverbio dice che quando venne sparso nel mondo il sale del giudizio, tre parti di esso venne assorbito dalle oche e il resto dagli uomini!
“Presso le oche selvatiche il giovane fidanzato suole seguire letteralmente ogni passo della sua promessa. Martina però si muoveva con gran disinvoltura per tutte le stanze della nostra casa, senza preoccuparsi del fidanzato che, cresciuto in libertà, era costretto ad avventurarsi in regioni a lui ignote. Se si pensa alla ripugnanza che hanno le oche selvatiche, uccelli che amano gli spazi aperti, a spingersi anche solo fra i cespugli o sotto gli alberi, Martino ci apparirà come un piccolo eroe: col collo teso seguì un giorno la sua amata attraverso la porta principale, fin nell'ingresso, e poi su per le scale, fino in camera da letto”. (Konrad Lorenz, L’anello di Re Salomone.)
marilena badolato foto del tradizionale pranzo di ferragosto con l’oca arrosto preparato anche quest'anno dalla signora Anna del ristorante “Il Convento” di Corciano- Perugia.