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UNA CIALDA PER SANT’ERCOLANO.

LA CIALDA vive di un connubio stretto con il suo ferro che la marcherà indelebilmente. L’una non può stare senza l’altro, senza l’altra l'uno non ha la sua giustificazione d’esistere. Cambiano le ricette più o meno complesse e ”dedicate” ai luoghi originari e alla diversa composizione: azzima  quella primigenia consacrata  o non per essere portata seco dai pellegrini lungo il “cammino”, testimone preziosa di fede o semplice mezzo di sostentamento.  Ostia o Oblata, perché offerta per il viaggio verso la testimonianza. Nella ricetta, stabilizzata presso la Università dei Sapori, ho voluto inserire il miele e l’anice, elementi tipici del Mediterraneo e dal forte significato antropologico e simbolico riassumibile nel concetto di "salute e fortuna". E il secondo ingrediente, l'anice, sotto forma di Mistrà, il liquore a base di questa salutare pianta aromatica molto caro a noi perugini, collegato a vecchi ricordi legati a un "digestivo"  che veniva servito nel caffè dopo i ricchi pasti dei giorni di festa. La cialda può rappresentare allora la reale iconografia di un intento, di un fine da perseguire se è vero, come scrive Italo Calvino, che il cibo è un introiettare un paese con la sua cultura. Senza considerare la storia intrigante del Mistrà che prende il nome dal bizantino borgo greco conquistato da Venezia alla fine del 1600 circa, e da cui la  città lagunare importava un liquore a base d’anice  che nominò come la città conquistata. E il sito archeologico di Mistra, oggi nel Comune di Sparta, dal 1989 è stato dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. Nasce così  la composizione di una cialda da dedicare a un santo e martire antichissimo, Ercolano, come è antichissima qualunque forma di fede, dell’ affidarsi a qualcosa o qualcuno di superiore a cui raccomandarsi, quando le risorse umane scarseggiano. Come la città si raccomandò a Lui durante il saccheggio di Totila.

 

marilena badolato   

 

AUTHOR - Marilena Badolato