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GEMELLAGGIO DI GUSTO A TREVI IL GIORNO DOPO: FOCACCIA E PIZZA CON FARINA DI FARRO E DI CANAPA. GUSTO E SALUTE.

IL GEMELLAGGIO DI GUSTO, nuovi sapori e odori che si mescolano, e chi ha creato una nuova ricetta, ricevendo magari un semplice imput da un’idea, da un suggerimento, oggi ha il sole negli occhi. È felice perché parla di sé e del suo risultato creativo. E’ il caso di Moira Menghini, l’appassionata artista culinaria del Caffè Roma nella centrale Piazza Mazzini di Trevi, che ha saputo unire gli ingredienti del Gemellaggio di Gusto: Farro di Monteleone di Spoleto, Canapa di Sant’Anatolia di Narco, Cipolla di Cannara, Patata dell’altopiano di Gavelli, Olio extravergine di Trevi, tutti a creare capolavori di rustica bontà.
NELLA FOCACCIA, la canapa regala quel colore vero di salubrità nel suo tenue color grigiastro, naturalmente mescolata a farina di grano e al sale e all’olio evo di Trevi come ingrediente, ma anche cosparso in superficie, a bloccare i minuscoli chicchi di canapa mescolati a impercettibili granelli di sale che donano sotto i denti piccoli imprevisti di croccantezza. La patata, in piccola dadolata, regala dolcezza e amalgama ad una preparazione che attira tanto per la sua novità: quel colore che sa d’antico e quel sapore in bocca che invece sa di nuovo, che parla dell’oggi. Insieme alla consapevolezza del “buono e sano” in bocca.
LA PIZZA ALLA CIPOLLA è rinnovata dalla farina di farro, che dona una sensazione di maggior rusticità in bocca, mitigata dalla dolcezza e dal profumo inconfondibile della cipolla rossa ramata di Cannara. Anche qui l’olio evo di Trevi viene usato sia come ingrediente, sia cosparso in superficie come aggiunta di gusto, verde filo di salubrità a regalare colore e sapore alla pizza da sempre e in ogni luogo. Moraiolo, frantoio, leccino a donare bontà. Miglior olio, migliore pizza, e questa è veramente fantastica.
IL TREBBIANO SPOLETINO RALLEGRA IL CORPO E LO SPIRITO. Grazie alla Cantina Le Cimate che lo offre oggi in occasione del nostro gemellaggio. Sono pochi i produttori di Trebbiano Spoletino in purezza. Giusta temperatura per un vino piacevolissimo in bocca, fresco, asciutto, aromatico quanto basta, un ottimo Trebbiano ben bilanciato, che dona la storia di quelle viti innamorate degli olmi e a loro “maritate”, e quella del vino che si beveva fresco al riparo dell’ombra degli olivi durante la calura estiva. Un vino che ha una storia di campagna, che in fondo è la nostra storia dell’Umbria, ma un vino che era bevuto anche alle mense dei nobili quando Spoleto era Ducato nell’Alto Medioevo. Un vino che poi ha viaggiato tanto, che è servito da taglio a tanti altri vini, un vino che è finito persino nei cognac francesi, un vino che dal 2011 finalmente è tornato a casa sua con la veste della festa: quella DOC che gli spetta di diritto. E la sua casa è qui e dintorni: Trevi da trebia e da trebula quella forma aggettivale, diminutiva, propria dei popoli italici, che significava- casa casale-o casaletto casalina e nome di varie città dell’Italia antica. Plinio descrive un “Vinum Trebulanum”, il cui nome secondo alcuni studiosi è dato dall’aggettivo trebulanus, derivante appunto dal sostantivo trebula. Il termine Trebbiano, secondo la sua etimologia, indica quindi in via generale un vino che oggi definiremo ‘paesano’ o ‘casereccio’, prodotto nei vari poderi o fattorie di campagna. Un vino di casa insomma.  “Habemus Trebulanum.” Brindiamo.

marilena badolato 25 aprile 2014

AUTHOR - Marilena Badolato