CONVIVIALE ECUMENICA ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA DELEGAZIONE DI PERUGIA: FRITTI, FRITTTATE E FRITTELLE. RISTORANTE ALTROMONDO.
PERIODICAMENTE condannato o assolto, ecco il fritto all’italiana. Tema centrale della Conviviale Ecumenica 2020 dell’Accademia Italiana della Cucina che gli Accademici della Delegazione di Perugia, guidati da Massimo Moscatelli e in numero contingentato, hanno onorato in un ristorante cittadino che profuma di storia. Sotto quelle volte sapientemente restaurate, nella sala dove l’eleganza rustica si allinea perfettamente con i piatti preparati, si respira la fisionomia del ristorante Altromondo, locale frequentato dai futuristi umbri capeggiati da Gerardo Dottori maestro dell’aeropittura, e gestito sin dal 1965 dalla famiglia Castellani.
FATTI I FRITTI TUOI. La frittura ha un aspetto disinvolto e un’aria peccaminosa. In effetti è un’autentica goduria. Che va preparata con accortezza: utilizzando sempre un olio dal punto di fumo alto, come l’extravergine di oliva o quello di arachide e immergendo bene la carne, il pesce o le verdure e in modo delicato quando la temperatura è elevata e utilizzando le diverse tecniche: infarinatura, impanatura, impastellatura, tempura. Lo strutto, (il grasso di-strutto) un tempo grandemente utilizzato nella nostra cucina, è quasi scomparso e non è una perdita grave, specialmente per fegato e arterie. Del resto nella storia le differenze nelle fritture si notano in primis nel tipo di lipidi utilizzati “che sono condizionati dalla doppia genitorialità delle cucine italiane, quella continentale dell’allevamento e quella meridionale di radice cristiano-ellenistica” (Montanari, 2004).
L’APOTEOSI dell’Altromondo? Il baccalà fritto, i supplì, l’ovolina di mozzarella, l’arvoltolo perugino, dal nome “girato in cottura”, che è quasi la metafora della tradizione italica della pizza fritta: l’impasto va appiattito per formare un disco, quindi adagiato nell’olio 2 minuti per lato e servito caldo, salato o dolce cosparso di zucchero. E ancora le frittate alla cipolla e quella al tartufo, che da noi non può mancare, e lo strufolo, a concludere, come si chiama a Perugia, e non struffolo come è nomato nel nostro meridione, chè persino la Treccani contempla le due forme.
OTTIMI i vini serviti: le bollicine del Mon Père – di Carini - Colle Umberto (Pg), un vino dedicato al padre dai fratelli Carini, spumantizzazione con metodo classico per un riposo del palato dopo la gran frittura dell’antipasto, e i Montefalco Rosso - D.O.C. e Montefalco Trebium D.O.C., ambedue dell’azienda Antonelli, che hanno accompagnato il secondo piatto del “torello alla perugina”, rivisitato nella utilizzazione della carne di vitello, cosparsa della saporita salsa di rigaglie. Un " piatto del ricordo" degli anni '60 a Perugia, che ha segnato gli esordi della famiglia alla guida del ristorante.
NEL DIPINTO La vecchia friggitrice, di Velázquez, che il pittore spagnolo realizzò attorno al 1618, una donna anziana sta friggendo delle uova e quello che avviene nella pentola in cotto è un vero spettacolo: Velázquez riesce a dipingere proprio il momento in cui l’albume dell’uovo comincia a rapprendersi diventando bianco e solido. Si pensa che l’artista recuperò il soggetto de La vecchia friggitrice dal romanzo Vita del picaro Guzmán de Alfarache di Mateo Aleman uscito in Spagna in due parti tra il 1659 e il 1602. Nelle pagine del libro l’autore descriveva, in modo accurato, l’azione di una donna impegnata a friggere le uova per il protagonista della trama.
marilena badolato