E’ CANNARA.
CANNARA E’ ACQUA che ti accoglie appena arrivi. Devi oltrepassare un ponte per raggiungere il cuore del paese, a dimostrare che qui Lei è stata sempre sovrana e ha dettato la vita degli uomini e della Natura. Nel Quaternario quest’area era occupata dal lago Tiberino che, nella sua ritirata, regalerà a questa ampia valle umbra fertilità e un grande invaso lacustre formato dalle acque del Chiascio, del Topino e del Clitunno, immenso fiume navigabile, come lo definisce anche Plinio il Giovane nelle sue Epistulae (VIII,8,3)” Clitumnus, amplissimus flumen, atque etiam navium patiens”. E saranno rigogliose piante, anche acquatiche, tra cui le canne. Appunto Cannara. Cannara è ricchezza del suolo, da sempre. ” (…) L’orto si intende quello in cui si coltivano ortaggi di ogni genere esclusi agli, cipolle [e] anice”, si legge in uno Statuto comunale del 1500 ( Cenni storici- Consorzio Cipolla di Cannara), a dimostrare che gli orti potevano contenere ”ortaggi” ma non cipolle, di cui era copiosa la produzione e quindi “riservata a più grandi porzioni di suolo”. Perché qui le cipolle venivano diverse, più dolci e più buone, terreno argilloso e sabbioso, ricco di silice, così preziose per le loro proprietà medicali che già si intuivano importanti.
CANNARA E’ FRANCESCO. Luogo così vicino ad Assisi e Francesco cammina e predica. E i suoi seguaci lo seguono e lo seguiranno anche nella istituzione del Terz’Ordine Francescano, tradizione vuole fondato qui, nella Chiesa della Buona Morte, con la concessione del primo “abito secolare” al beato Lucio Modestini di Cannara. “Molti, nobili e plebei, chierici e laici, docili alla divina ispirazione, si recavano dal santo, bramosi di schierarsi per sempre con lui e sotto la sua guida e il suo insegnamento. E a tutti il santo di Dio, come ricchissima sorgente di grazie celeste, faceva sbocciare i fiori delle virtù nel giardino del loro cuore. A tutti dava una regola di vita, e indicava la via della salvezza a ciascuno secondo la propria condizione”, scriverà Tommaso da Celano, nella sua “Vita prima” di Francesco d’Assisi. E il pittore secentesco Cesare Sermei, Cesare d’Assisi, nella sua tela posta nell’altare maggiore della Chiesa di San Francesco costruita proprio dai Minori, rappresenterà la Vestizione di una donna del Terz’ordine. Chissà se il pensiero era corso ad Angela da Foligno, la mistica che ha segnato il percorso di Francesco delle sue visioni ineffabili.
PERCHE’ FRANCESCO LASCIA SEMPRE TRACCE IMPORTANTI DIETRO DI SE’. Il “ Tugurio”, dove si riposava e dove spesso “ospitava” i lebbrosi secondo il vero significato etimologico di ricovero e cura, in origine sicuramente coperto da frasche e da canne che lo dovevano riparare dalla pioggia e dal vento, oggi all’interno di Palazzo Majolica Landrini. E la sua “predica agli uccelli” appena sopra, a Pian D’Arca. Francesco e la sua religiosità diversa, intimamente sofferta e il suo amore per tutte le creature, mezzo per innalzare la lode a Dio creatore. Perché nessuno, se non le sue creature, ene dignu te mentovare. Ecco quindi la “predica agli uccelli” a Pian d’Arca, un cinguettio tra la terra e il cielo: cantava Francesco, si evince dalla struttura delle Laudi, cantavano di rimando gli uccelli, messaggeri alati a sospingere in alto il canto, un ponte verso l’Altissimo. A Pian d’Arca un’edicola ne suggella il racconto, una pietra in aperta campagna, il luogo esatto del colloquio canoro. Francesco stesso è “messaggero di Dio” in quell’ “incarnare” le privazione dei poveri che vedeva ogni giorno, calandosi nei loro panni e svestendosi dei suoi. Una specie di esistenzialismo etico levinasiano, nel prendere coscienza di sé dall’incontro e nell’assimilazione con l’Altro. Per questo l’Ascolto di Francesco è un ascolto infinito, la Predica di Francesco è una predica infinita, metastorica. E’ il primo ambasciatore a perorare i diritti di tutti alla propria esistenza, senza pensare a caste, privilegi, razze. Spogliato di tutto per darsi a tutti.
CANNARA E’ ANCHE COLLEMANCIO, “ URVINUM HORTENSE”, antico municipio romano che domina dai suoi 500 metri di altitudine, l’ampia valle umbra. Storia antichissima, arte rimasta a testimonianza, ancor oggi visibile in numerosi reperti e in un immenso e stupefacente “ mosaico niloide” di 65 metri quadrati, con scene di animali esotici e piante rare, che fa grande e più grande un Museo. E così lo possiamo ammirare, restaurato all’interno del bellissimo Museo della città, che contiene anche gli altri reperti ritrovati, dove è stato posto al piano centrale, occupando una intera grande sala che ne trasmette la importante grandiosità. Collemancio è anche vino, da godere in una grande ” Festa” con le botti disseminate lungo il paese per attingere e mescersi da soli il nettare di Bacco.
CANNARA E’ LA “ CIPOLLA DI CANNARA”. “Stella dei poveri, fata madrina, avvolta in delicata carta esci dal suolo, eterna, intatta, pura, come semenza d’astro”(Pablo Neruda). Cipolla, cibo frugale, compagna di povertà del pane, da cruda appena nettata o sfogliata dalle tuniche iniziali e gustata nel campo per fame, o mescolata, condita con il nostro olio benedetto, a qualche pomodoro e foglia di basilico a dare profumo d’estate alla nostra panzanella, o alle nostre insalate dell’orto. O cotta d’inverno nelle innumerevoli zuppe o ad arricchire il nostro pancotto. “Pancotto” era il pane bollito in acqua salata e una ricchezza era aggiungervi odori di aglio o cipolla e altri aromi. “Miseria chiama pancotto”, era un vecchio proverbio italiano diffuso. E maritato era chiamato se i pochi odori dell’orto venivano aggiunti. Una ricchezza. Storie di gusto unito a storie di vita. A Cannara la cipolla indossa il vestito della festa e diventa “regina” per due settimane in innumerevoli preparazioni dolci e salate, tradizionalissime o innovative. Cipolla che qui ha il suo habitat da sempre in questi terreni umidi, ricchi di acqua, ma argillosi e drenanti dove cresce così bene e così diversa, in una terra che ne attesta la bontà.
CIPOLLA DI CANNARA: UNA E TRINA, ROSSA, DORATA, PIATTA. La rossa toscana, la dorata di Parma, la piatta Borettana. Dolcezza morbidezza, digeribilità: le tipologie le caratteristiche di quella che festeggiamo oggi, ancora una volta, la cipolla di Cannara. E studi scientifici, analisi spettrofotometriche, vogliono metterne in evidenza proprio le caratteristiche locali, legate al terreno e alle componenti di acido piruvico che permetteranno di parlare della cipolla, a Cannara, come di un alimento nutraceutico, cioè che fa bene alla salute, per le sue proprie caratteristiche. Attestata a Cannara già nel cinquecento da uno Statuto comunale, rifiorita nella nostra penisola nel settecento con il declinare dell’ uso delle spezie, ampiamente ripresa e trattata e consolidata in studi ottocenteschi sull’agricoltura e le nuove pratiche agricole. In passato la cipolla di Cannara serviva, nel territorio limitrofo, persino a tingere le stoffe, non dimentichiamo la produzione di canapa in tutti i territori delle “canapine”, vallata ubertosa da sempre vocata all’orticoltura.
CANNARA E’ il rigoglio dell’acqua che da sempre la governa e le regala la fertilità del suolo; Cannara è l’impronta degli antichi Umbri, è ‘l Hurvinum Hortense dei Romani in un mosaico niloide di spettacolare grandezza, che fa grande e più grande il Museo della città; Cannara è Francesco e le sue parole agli uccelli che trasmettono l’amore per tutte le creature, mezzo di lode a Dio loro creatore; Cannara è la sua cipolla, “madrina dei poveri”, che diventa invece regina di una festa a lei dedicata.
Quando anche le pietre delle case, i vicoli, le piazze di Cannara profumano di Lei e ne rimandano l’aroma, trasportato dal vento, tutto attorno, dove immaginiamo, anche da lontano, quelle trecce avvolte con perizia manuale che, conservate, ci racconteranno queste storie per tutto il lungo inverno.
Marilena Badolato 7 settembre 2014 Gemellaggio di gusto