E LA CULTURA NON SI FERMA. BUONA PASQUA CON LA BICCICUTA E IL BUCCIOTTO.
NON E’ NOSTALGIA, chè sarebbe arida e inutile e ci farebbe solo male. E’ desiderio di trasmettere storie di tradizioni familiari e sociali di intere comunità, che oggi possiamo e vogliamo ricordare ai più piccoli, che spesso mettono le mani in pasta.
LA BICCICUTA, come racconta Graziella Roila marscianese doc e maestra AICI (Associazione Insegnanti di Cucina Italiane), era la "pupazza" che, con un pezzo d’avanzo dell’impasto della nostra Torta di Pasqua perugina, si creava per i bambini per renderli partecipi di una grande festa di famiglia. Talvolta si affidava una piccola parte dell’impasto anche alle loro manine per qualche piccola creazione personale. Era vietato mangiarla e bisognava aspettare almeno il Sabato santo, chè, si raccomandava, conteneva una biscia (da cui il nome). E Graziella si alzava di notte- racconta- di nascosto da tutti, a controllare, accanto al calduccio del focolare che regalava conforto alle grandi case rigide delle nostre campagne, le torte messe a lievitare, a crescere fino a raggiungere quasi il bordo dello stampo, chè in cottura avrebbero creato quel curioso cappello debordante sinonimo dell’ottima riuscita della torta. La Torta di Pasqua di casa, ognuno la propria ricetta con piccole varianti, era una ricchezza da condividere, da tagliare a fette tra tutti. E veniva benedetta, chè anche le briciole si dovevano salvare. E Graziella ha inviato la foto delle sue torte e delle “biccicute” fatte ancora oggi per le sue due nipotine che l’aspettano con gioia. Ovviamente ha fatto anche splendide ciramicole...il nostro dolce pasquale per eccellenza.
A PERUGIA era il “bucciotto”, piccolo pupazzo di pasta che la mia nonna paterna creava per me ogni volta. E lo faceva sia con l’impasto della Torta di Pasqua, fatta lievitare al calduccio di una grande madia, sia con la Torta al testo. Le ampie cucine di Perugia avevano tutte il camino, in questa città fredda e innevata almeno fino a Pasqua. E tanti erano i caminetti che si accendevano nelle stanze a dare calore, ma anche allegria, convivialità dello stare insieme, ricchezza di affetti. E la mattina, la nostra Colazione di Pasqua dopo la Messa in Duomo (oggi si chiama brunch, ma non hanno inventato niente) consisteva nel trovarci tutti noi parenti a casa della nonna. Attorno alla grande tavolata figli e figlie, zie e cugini, noi nipoti, tutti a mangiare i cibi benedetti: la Torta di Pasqua, la Ciaramicola con le uova di cioccolato, le uova sode, i salumi, la coratella d’agnello con la torta bianca, così chiamava la nonna quella sua torta al testo che ogni volta che cuoceva spolverizzava prima di farina, sia per vederne meglio il giusto grado di calore e cottura, sia perché bianca era così bella… No, la torta al testo non poteva mai mancare a casa nostra, anche a Pasqua: era Lei simbolo del Noi.
#IORESTOACASA
marilena badolato