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E LA CULTURA NON SI FERMA. ROBERTO BISELLI IN “RAFFAELLO E L’INVENZIONE DELLA SCENOGRAFIA”. CICLO DI CONFERENZE DI UNISTRAPG.

SARA’ Roberto Biselli, docente di Storia del Teatro Italiano, a chiudere il ciclo di conferenze su “Raffaello da Perugia all’Europa”. Lezioni inedite tenute dai docenti della Università per Stranieri di Perugia su aspetti insoliti e poco conosciuti del genio urbinate. Ultimo appuntamento online giovedì 28 maggio alle 16:30 con “Raffaello e l’invenzione della scenografia”.

 

INNOVATIVA, per quei tempi, la concezione di Raffaello: “La scenografia ci deve aiutare a stabilire un legame perfetto e naturale tra il pubblico e gli attori: perciò, la questione essenziale sta nel concepirla basandoci su una prospettiva mai tentata prima. Dobbiamo riuscire a stabilire un punto prospettico estremamente basso, il più basso che sia ragionevolmente possibile”. La sua concezione della scenografia apparve in tutta la sua magnificenza la sera dell’8 Marzo 1519 nel gran salone di casa Cybo, alla presenza d’un migliaio di spettatori. La scenografia era stata costruita sulla base delle sperimentazioni prospettiche condotte sul palcoscenico due mesi prima e Alfonso Paolucci cosí la descrisse al Duca di Ferrara: “il Papa mirava con el suo ochiale la scena che era molto bela, de mano de Raffaello, et representavasi bene per mia fé forami de prospective, che furono molto laudate”. E innumerevoli sono i lasciti del talento teatrale di Raffaello pervenuti attraverso gli spettacolari impianti scenografici presenti sia nelle creazioni pittoriche che nelle realizzazioni architettoniche.

 

PER il progetto della grandiosa villa su Monte Mario, voluta da Leone X, Raffaello mandò una dettagliata descrizione a Baldassarre Castiglione: “In questo spatio vi è un bello theatro fatto con questa misura et ragione: [...] et cosí divisa et partita l’area sopra a queste misure, ce sono fatte le gradinate, la scena, il pulpito et l’horchestra. Et de là ce sono fatte le stanze dei scenici dove se habbiano a vestire, per non occupare la veduta del paese, il quale si serrerà solo con cose depinte quando se reciteranno le comedie, acciocché la voce vada alli spettatori. E questo theatro è collocato in modo che non può havere sole doppo il mezzodí, la quale è hora solita a simili giochi”.

 

 MA il pur giovane Raffaello ad appena 37 anni si spegneva nel Venerdi Santo del 1520. Il male lo aveva colto mentre gli mancavano poche pennellate per completare l’ultimo capolavoro, quella Trasfigurazione in cui ancora una volta si palesava il suo genio teatrale. Il fondamentale slancio compositivo l’aveva mutuato da uno tra i piú antichi artifici scenici, quel deus ex machina che dall’alto scende nel bel mezzo dell’affollato palcoscenico per risolvere ogni problema degli uomini.

 

NEL CASO della Trasfigurazione, però, Raffaello rovescia l’andamento dell’azione e il deus ex machina non lo fa scendere, lascia che s’innalzi dalla folla degli astanti. Il suo Cristo infatti doveva apparire come risolutore di tutto: ne materializza la figura, fatta di pura luce, grazie al sottile pulviscolo colorato che sembra quasi fermarla e nello stesso tempo ne disegna la dinamica in modo da indurre la consapevolezza di una inarrestabile ascensione verso l’eternità. (Trasfigurazione, tempera su tavola, anni 1518-20, cm 410×279, Musei Vaticani).

 

“E nel vero – afferma Vasari – egli vi fece figure e teste, oltra la bellezza straordinaria, tanto di nuovo e di vario e di bello, che si fa giudizio commune de gli artefici che questa opera, fra tante quante egli ne fece, sia la piú celebrata, la piú bella e la piú divina”. Lui morto, gliela misero accanto nella camera ardente, “la quale opera – continua il Vasari – nel vedere il corpo morto e quella viva, faceva scoppiare l’anima di dolore a ognuno che quivi guardava”.

 

 

LA conferenza verrà trasmessa in diretta sul canale YouTube dell’Università per Stranieri, e sarà visibile anche nelle ore e nei giorni successivi

 

 

 

#IORESTOACASA

 

marilena badolato

AUTHOR - Marilena Badolato