EZIO BOSSO A UMBRIA JAZZ. TEATRO MORLACCHI PERUGIA.
STASERA, QUI AL TEATRO MORLACCHI, CON EZIO BOSSO, come il miracolo della musica sia anche miracolo di una fisicità imprigionata in un corpo che invece si libra prepotente. E canta il suo inno alla vita. Con un pianoforte amico che si dispiega, anche lui complice, ad assecondare un Artista. Il mio “fratellino” dice Bosso è uno Steinway, che abbraccia dopo ogni performance. E siamo venuti per la musica, ad ascoltare un grande artista. Grande come pochi. Il teatro Morlacchi è strapieno e strapiena è l’aria di attesa.
PERCHE’ IL CORPO E’ LA STANZA DOVE L’ANIMA RISIEDE. E Bosso inizia parlare e comincia una storia. Gli amati e ammirati Bach e Chopin, dagli spazi lirici assoluti, e le “stanze”. La parola magica è stanza, rifugio, luogo per fermarsi, luogo per sognare, ma stanza indica anche poesia e canzone. Storie di stanze che rivelano anche da dove l’artista proviene, dove si trovano le radici della musica che scrive. E saranno tante le stanze, ognuna con un motivo dedicato a raccontarla. E nel racconto è sagace, geniale, colto raffinato, ironico. Oltre che fantasticamente bravo su quella tastiera amica che spesso percuote nell’impeto, e maltratta e accarezza e sfiora e infrange, con quel pianoforte che lo segue ovunque “anche in albergo” dice. E continua a parlare, a spiegare e a rendere ogni storia bellissima e possibile
STORIE IN MUSICA. Le stanze d’amore, della memoria, le stanze di vita. La “stanza da tè” che un amico veterano di guerra pensa e immagina dopo ogni bombardamento preparatorio: la più bella e più ricca, la più immaginata a coprire l'odore di sangue e l'orrore; o la stanza di John Cage che immagina, costretto in un angusto luogo, un paesaggio brillante, una emozionante “landscape” . O ancora una stanza dedicata ad Emily Dickinson dove amore e amaro stanno insieme, dove baci e veleno convivono, dove Catullo sembra tornare con il suo “ odi et amo”, amore che si nutre di disperazione.
E C’E QUELLA ANTICA TEORIA CHE RACCONTA che la vita sia composta da dodici stanze. Sono i dodici luoghi in cui lasceremo qualcosa di noi, che ci ricorderanno. Dodici sono le stanze che ricorderemo quando passeremo l’ultima. Nessuno può ricordare la prima stanza, chè è quella della nostra nascita, ma pare che questo accada nell’ultima che raggiungeremo. E si può così tornare alla prima. E ricominciare.
E il suo «The 12th Room» è diventato disco d’oro. E la serata termina con una mezz’ora di fantastica, ininterrotta performance al pianoforte.
Le note ci fasciano di serenità, di ammirato stupore e di felicità di esserci. E vorremmo comunicarla a lui, questa felicità, come lui la sta diffondendo a noi, a piene mani con quel pianoforte. Serata d’incanto, serata in cui l’impossibile diventa possibilità. E Bosso fa grande l’umanità intera.
“ Io suono insieme a chi ascolta. Insieme facciamo musica”. Ezio Bosso.
marilena badolato