FONTIGNANO E IL “TORCOLONE GIGANTE”.
CHE TORCOLO A FONTIGNANO! Cento chili o giù di lì. In due a tagliarlo, sospesi in alto, con in basso la gente festante ad aspettare le dolci fette profumate d’anice e colorate del verde del cedro, del nero dell’ uvetta, del bianco dei pinoli e del giallo dell’uovo. Sì perché il torcolo tradizionale di Fontignano riprende la ricetta di quello al candito, ma con l’aggiunta di molte uova nell’impasto. Che donano maggiore sofficità e un gusto morbido. Mentre centinaia di torcoli preparati nel formato classico sono venduti in un grande stand in piazza durante la grande “Festa del torcolo”.
IN ORIGINE FESTA RELIGIOSA collegata a quei rituali dei nostri luoghi ameni dove sacro e profano si mescolano sempre. Spiegano, durante la messa Don Gianni Pollini e Don Paolo Cherubini, che la festa coincideva e coincide ancora oggi, con l’adorazione delle Quarant’ore, una della poche parrocchie questa di san Leonardo a mantenerla. L’esposizione ininterrotta del Sacramento è rimasta come evento religioso da centinaia di anni e sempre la seconda domenica di Quaresima. Interessante la tradizione che la vede come una anteprima della Pasqua che si faceva con i paesi vicini di Sant’Arcangelo, la prima domenica di quaresima, Fontignano la seconda, e Montali la terza, così raccontano gli abitanti del luogo. Una specie di triduo devozionale tra località che condividono un territorio, coltivazioni, prodotti e tradizioni gastronomiche.
L’ADORAZIONE EUCARISTICA PERPETUA da parte dei fedeli durante quaranta ore, detta “Esposizione delle Quarant’ore”, prende il nome in memoria del tempo che Gesù stette nel sepolcro. Una volta questa pratica rivoluzionava città e contrade perché l’intenzione corale era quella di chiedere protezione durante i periodi di gravi calamità come guerre, pestilenze o carestie. L’origine dell’ Oratio quadraginta horarum è incerta. Le prime testimonianze risalgono attorno al 1200 ad opera delle Confraternite e alla consuetudine di digiunare e fare penitenza durante il periodo quaresimale, ma il passaggio da questa forma liturgico-devozionale locale alla classica forma che assunse un carattere universale come rito diffuso e in uso nelle varie chiese durante la settimana santa, si deve far risalire al 1500. “ Le Quarantore erano una volta così diffuse e così solenni da costituire un tempo di rinnovamento spirituale e sociale, di preghiera e di penitenza, di comunione tra il clero e il popolo, tra ricchi e poveri, tra superiori e sudditi. Durante i giorni della solenne esposizione, le città cambiavano fisionomia: i negozi chiudevano, i lavori dei campi erano sospesi, le barriere sociali cadevano e la fede rifioriva nel cuore della gente che imparava a pregare e a meditare. Per tre giorni si stabiliva quasi una “tregua divina” affinché i violenti diventassero mansueti, i ladri restituissero il maltolto, i falsari diventassero onesti, i nemici si riconciliassero”. (Egidio Pucci da L’ Osservatore Romano). Dalle Quarant’Ore nacquero anche processioni significative, forme di penitenza praticate per secoli.
MA E’ ALTRETTANTO SIGNIFICATIVO che sacro e profano, riti pagani e cristiani da sempre si confondono e si abbracciano nelle tradizioni popolari, tanto da identificare questa giornata, che coincideva in origine con un tempo di penitenza e digiuno, con il tripudio popolare del fare festa, e con un torcolo, la tipica ciambella umbra che è un simbolo nella nostra vita culinaria e sociale. Da sempre lo mangiamo, lo conserviamo, o lo inventiamo in innovative ricette. A forma di ruota perfetta che si vuol far risalire ai primordi come focaccia di Giano, quella janual, (da cui avremo il termine gennaio), propiziatoria per l’anno nuovo e forse modellata ” in modum rotae fincta”, a rappresentare il cerchio che si chiude tra passato e futuro, l’eterno divenire insomma, che lo stesso dio bifronte rappresentava.
E a giudicare dall’affluenza odierna, la “Festa del Torcolo di Fontignano “ era ed è un evento molto sentito, e anche oggi tantissime persone si allontanano tornando a casa con il loro torcolo nel sacchetto. In questa tiepida domenica di febbraio in cui i primi mandorli sono già in fiore.
marilena badolato