GARDEN CLUB -PERUGIA: LA CIPOLLA DI CANNARA:
LA CIPOLLA DI CANNARA, ancora una volta in un mio intervento storico e antropologico, qui nella scuola di cucina “Peccati di gola” di Perugia, con la riproposizione della cipollata, ma creata da Federica e Giulia in una versione innovativa per le socie del Garden Club perugino.
DEDICATO a chi ama la cipolla. Da migliaia di anni, nella storia, coltivata, curata, coccolata, cantata da poeti, dipinta da artisti, perché simbolo di immortalità e vita eterna- quei suoi cerchi concentrici-; un viatico per l’aldilà – l’ intenso aroma-; un unguento per il corpo - contro le pestilenze-; un mezzo di purificazione -le proprietà diuretiche -; bulbo dal magico potere - la sua forza conservante-; il colore-quel bianco cristallo in cottura trasparente ambrato e utilizzato da pittori e artisti per il giallo-arancio fissato poi con il sale. Oggi per la sua salubrità- minerali e vitamine, diuretica, depurativa, antibatterica, cicatrizzante. Oggi anche per il piacere che dona al palato e per la dolcezza che infonde a preparazioni culinarie dove ci accorgiamo subito, noi onion lovers, se manca la cipolla. Se quel piatto manca di carattere.
LA CIPOLLA, una matrioska di sapore in tuniche costruite una sull’altra, strette a sè in una centripeta fuga: un raggomitolarsi, un intensificarsi di sapore succhiato dalla terra, dall’acqua, dal sole, dal vento. Nucleo nascosto collegato alla parte più intima del terreno. “ […] Coerente è la cipolla, / riuscita è la cipolla. / Nell’una ecco sta l’altra, / nella maggiore la minore,/ nella seguente la successiva, / cioè la terza e la quarta./ Una centripeta fuga. / Un’eco in coro composta. […] (La cipolla, Wislawa Szymborska)
“STELLA DEI POVERI, FATA MADRINA…” è la cipolla nei versi di Pablo Neruda, chè i poveri di essa si nutrivano: appena nettata, sradicata dal campo, sfogliata dalle prime tuniche e gustata nel profumo suo di acqua, di terra, di sole e di vento. Compagna di povertà, da sempre, dell’amico pane: semplice companatico o ricchezza quando appariva nel pancotto, pane cotto nell’acqua e sale, “maritato” se profumato di cipolla e altre realtà dell’orto, nell’acqua-sale del nostro mezzogiorno, nell’acquacotta maremmana, nella nostra panzanella o nel parraceto, pane bagnato, strizzato e condito con aceto, olio sale, basilico, spesso con cipolle e pomodoro e cetriolo, o ad arricchire la pizza, la schiacciata con la cipolla, il nostro street food più apprezzato ancora oggi.
CRUDA, ma anche cotta, perché “ al calore acceso dell’olio si trasforma in arricciata piuma d’oro” (Ode alla cipolla, P. Neruda), non solo in povere preparazioni, ma anche in “putagi e civieri” storici, in timballi, in pasticci, in torte dolci e salate che uscivano da mani di esperti cuochi e pasticceri di corte. Come la "torta di cipolle" che era formata da due strati di sfoglia con una farcitura di cipolle, lardo, formaggio, uova e stigmi di dorato zafferano: “ Se tu voy fare torta de questa cosa, toy quale tu voy e fay ben allessare. Pone prima l’aqua fuora ben con stamigna e po’ le bati finemente e toy lardo fino e batillo bene; toy l’ova e caxo frescho e zafarano e bati insieme e fay la torta” (ricetta tratta da un libro del secolo XV.)
CIPOLLA: UNA E TRINA A CANNARA. In origine Rossa di Toscana, Dorata di Parma e Bianca piatta Borretana, coltivate in terreni soffici, sabbiosi e argillosi, limosi, ricchi di potassio, porosi e drenanti e con un clima ventilato chè la cipolla non ama il ristagno d’acqua. Da sempre a Cannara: attestata già nel Cinquecento da uno Statuto comunale, rifiorita nella nostra penisola nel Settecento con il declinare dell’uso delle spezie, ampiamente ripresa e trattata in studi ottocenteschi sull’agricoltura e le nuove pratiche agricole. Da anni e ancora oggi in una grande Festa, nell’edizione estiva settembrina e in quella invernale di dicembre, tra degustazioni di piatti accattivanti, spettacoli musicali, bande, sfilate storiche, spettacoli teatrali, eventi sportivi.
COSI’ LA CIPOLLA DI CANNARA SI SVELA, toglie i veli, si spoglia e mette a nudo tutte le sue potenzialità, così ben interpretate, sul campo e nel piatto, dai cannaresi che la conoscono da centinaia d’anni e ne sperimentano le infinite possibilità. Nella grande Festa quando il profumo delle dolcissime cipolle infrange le pietre delle case, infonde le vie, irrora le piazze, i vicoli, le strade, i banchi colorati di trecce appese. Nei cortili e giardini arricchiti da tavolate festanti, nei ristoranti e nelle taverne, ovunque si mangia cipolla, sola o accompagnata in piatti tradizionali e in nuovissime intuizioni che generano sensazioni gustative diverse. Ma vince sempre Lei: più dolce, più morbida o più accattivante nel gusto e nella forma di un piatto ritrovato da chi cucina cipolla da una vita o inventato da chi ha voglia di giocare con Lei ancora una volta per mostrare le sue infinite possibilità. E con la Verrnaccia, il "vino d'inverno", dal vitigno di nome "cornetta", appellativo che sembra nascere dal fatto che gli acini di questa uva, quando non ancora a piena maturazione, assumano una forma simile ad un piccolo corno, per poi allungarsi ed ovalizzarsi nella fase finale della maturazione. Un vino dolce, ma non troppo, e con grande carattere, che accompagna da sempre i piatti del territorio.....
http://www.cipolladicannara.it/
marilena badolato