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LA BEFANA VIEN DI NOTTE…

SI RACCONTA, nelle campagne, che la notte dell’Epifania sia magica e che gli animali parlino nelle stalle e nei boschi. “La notte di Befana nella stalla parla l’asino, il bove e la cavalla”; “La notte di Pasquetta parla il chiù con la civetta” affermano due proverbi, il secondo intendendo Pasquetta per Epifania perché un tempo si chiamava “pasqua” o “pasquetta” o “pasquarella” ogni festa religiosa solenne. Per questo motivo si dice che alla vigilia dell’Epifania i contadini nutrano senza risparmio le loro bestie per evitare che nella magica notte parlino male del loro padrone o custode. Altra tradizione sono le classiche” befanate”, un tempo diffusissime, durante le quali gruppi di persone andavano per le vie del paese, di casa in casa, cantando “canzoni di questua” che, finite le strofette, chiedevano e ottenevano doni in natura. Altra antica usanza, da cui deriva la “calza della Befana”, era quella di lasciare fuori dalla casa gli scarponcini e le calze dei bambini affinché nel suo lungo viaggio la vecchietta potesse cambiarseli… e i bambini augurarsi invece che fossero riempiti di dolciumi!

 

IN ITALIA è comunque una festa molto popolare e sentita, che dà luogo a diverse manifestazioni e tradizioni, dai pranzi e i doni offerti per i più poveri a quella, squisitamente religiosa, del bacio del Bambinello nei presepi allestiti per Natale, fino al corteo dei Magi e le sagre di paese. Il rito dei falò nell’Umbria contadina e in altre regioni italiane, i roghi della befana con i quali si brucia l’anno vecchio e si dà il benvenuto al nuovo, in origine era appunto celebrazione in sintonia con l’avvicendarsi delle stagioni che scandivano anche il tempo di vita degli uomini. Così la Befana è stata interpretata come un’immagine di Madre Natura che, giunta alla fine dell’anno ormai invecchiata, prima di morire offra regali che altro non sono, simbolicamente, se non i semi, grazie ai quali riapparirà nelle vesti di una giovinetta.

 

DALLA PAROLA EPIFANIA (dal greco antico Ἐπιφανεία ) deriva il nome Befana, che dapprima diventa Pifania, poi Bifania, Befania e infine Befana. Il termine, che nel mondo religioso greco indicava le azioni con cui la divinità si manifestava, passò nel mondo cristiano a designare la celebrazione delle principali manifestazioni della divinità di Gesù Cristo (battesimo nel Giordano, adorazione dei Magi e primo miracolo), restringendosi nella tradizione popolare a indicare la venuta e l’adorazione dei Magi, come personificazione della festa.

 

I 3 MAGI sono il simbolo dell’uomo che si mette alla ricerca di Dio. “Essi, ha detto Benedetto XVI nell'omelia della solennità dell'Epifania del 2011, erano probabilmente dei sapienti che scrutavano il cielo, ma non per cercare di “leggere” negli astri il futuro, ma erano piuttosto uomini “in ricerca” di qualcosa di più,  della vera luce in grado di indicare la strada da percorrere nella vita”. I Padri della Chiesa ne hanno date diverse versioni. Tertulliano, nel II secolo, concede ai Magi la qualifica di Re; nello stesso periodo Sant'Ireneo spiega il significato dei tre doni: la mirra è l'olio tradizionalmente utilizzato per la sepoltura e allude alla Passione di Cristo, l'oro è simbolo di regalità, l'incenso è riservato a Dio. Nel XII secolo, invece, Bernardo di Chiaravalle spiegherà che l'oro era per alleviare la povertà della Vergine, l'incenso per disinfettare la stalla di Betlemme e la mirra come un vermifugo. Mentre Lutero li associa a fede, speranza e carità, le tre virtù teologali. Un'altra leggenda armena vuole che i Re Magi fossero fratelli e riferisce i loro nomi: Melkon, che regnava sui Persiani; Baldassarre, il secondo, sugli indiani; Gaspare, il terzo, sugli Arabi. Marco Polo afferma di aver visitato le tombe dei Magi nella città di Saba, a sud di Teheran, intorno al 1270: “In Persia è la città ch’è chiamata Saba, da la quale si partiro li tre re ch’andaro adorare Dio quando nacque. In quella città son soppeliti gli tre Magi in una bella sepoltura, e sonvi ancora tutti interi con barba e co’ capegli: l’uno ebbe nome Beltasar, l’altro Gaspar, lo terzo Melquior. Messer Marco dimandò più volte in quella cittade di quegli III re: niuno gliene seppe dire nulla, se non che erano III re soppelliti anticamente”. (Il Milione, cap. 30). Nel 1162 l’imperatore Federico Barbarossa fece distruggere la chiesa di Sant’Eustorgio e si impossessò delle salme dei Magi. Nel 1164 il cancelliere imperiale Rainaldo di Dassel, arcivescovo di Colonia, le sottrasse e passando in Lombardia, Piemonte, Borgogna, Renania, le traslò nella cattedrale della città tedesca, dove ancora oggi sono conservate. Milano cercò ripetutamente di riavere le reliquie: il 3 gennaio del 1904, l’Arcivescovo Ferrari fece collocare in Sant’Eustorgio alcuni frammenti ossei in un’urna di bronzo con la scritta “Sepulcrum Trium Magorum”.

 

LA BEFANA a Roma è familiarmente così di casa (si ritiene abiti fra i tetti di piazza Navona), che le sono state dedicate tante canzoni popolari. Ma la figura della vecchia che porta i regali non è soltanto romana. Tanti i nomi diffusi in Italia: Donnazza, Marantega, Berola, Vecia, Mara, Anguana, Basara...ma è sempre Lei, la Befana !!!

 

 

marilena badolato

 

 

 

 

 

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AUTHOR - Marilena Badolato