LA PAROLA MUSICALE: L’INQUIETO FEMMININO. UNIVERSITA’ PER STRANIERI DI PERUGIA
L’INQUIETO FEMMININO. Per il ciclo “ La parola musicale- La lingua italiana e la musica”, un interessante incontro in collaborazione con l’associazione Amici della Lirica di Perugia, qui nell’Aula Magna dell’Università per Stranieri, dove le donne sono protagoniste di celebri opere. Pianista è il M° Stefano Ragni che accompagna la possente e sicura voce del soprano Elisa Bovi, mentre l’incanto, durante le necessarie pause, è mantenuto dalle letture di Gianfranco Bogliari.
QUESTE DONNE o meglio le protagoniste dei brani della serata, sembrano dibattersi con la voce e il corpo. Ammalianti eroine eppure sofferenti, o morenti per infelici amori. Sedotte e abbandonate, vittime della gelosia, ricattate, emarginate, finiscono pazze o suicide, e la loro unica forza sembra essere quella vocale. La voce, la potenza del grido disperato o le modulazioni che cambiano registro al dolce ricordo, l’autorità vocale insomma, è il vero e unico punto di forza di queste donne che così riscattano il loro ruolo di triste presago destino o di passività silenziosa.
APRE la serata l’ “Overture” dalla Semiramide di Gioacchino Rossini, Una tragedia in sinfonia, spiega il M° Ragni. La trama tragica è vivificata dalla musica rossiniana sanguigna dove il testo lirico, indispensabile ornamento di ogni storia, è caratterizzato dal tipico crescendo eseguito qui al pianoforte: una energia vitale. Quei punti di contatto tra il movimento drammatico e quello musicale atti a determinare una certa atmosfera. La storia di “Col sorriso d’innocenza” che segue, da Il pirata di Vincenzo Bellini, è ambientata nella Sicilia aragonese del XIII secolo, dove lei impazzisce perché l’uomo che ama è morto. Ma in realtà lui si è lasciato uccidere perché lei aveva sposato un altro. Una tragedia d’amore dove l’eroina è nello stesso tempo protagonista e vittima. Altra storia appassionante è quella dell’ “Anch’io dischiuso un giorno ebbi alla gioia il core”, dal Nabucco di Verdi, dove Abigaille viene a sapere che Nabuccodonosor in realtà non è il suo vero padre e quindi lei non erediterà mai il trono. Il grido del soprano a questa scoperta è lacerante e possente: “ Ben saprà la mia vendetta da quel seggio fulminar. Che lo scettro a me s'aspetta. Tutti i popoli vedranno, ah!”. Ma si addolcisce poi al ricordo dell’infanzia, quando il suo cuore era aperto alla felicità dell’innocenza. Verdi, come sua consuetudine, sa addolcire subito i toni delle storie tragiche, ristabilendo un equilibrio narrativo e lirico. Il brano invece “ I verdi prati di Aida” di Bolli è una interpretazione, una rivisitazione della celebre opera verdiana di questo autore che è stato un composer in residence alla Università per Stranieri nel 2011. Segue “In quelle trine morbide”, tratto da Manon Lescaut di Puccini che fu un clamoroso successo del compositore, dove la voce del soprano sembra accarezzare le lenzuola di seta di quel letto protagonista di notti d’amore. Le trine morbide dell’alcova sono una carezza voluttuosa, una immagine d’emozione di un ricordo: “ In quelle trine morbide...nell'alcova dorata v'è un silenzio gelido, mortal v'è un silenzio, un freddo che m'agghiaccia! Ed io che m'ero avvezza a una carezza voluttuosa di labbra ardenti e d'infuocate braccia...or ho tutt'altra cosa!”. Si cambia registro con “ Voi lo sapete, o mamma, prima d’andar soldato, Turiddu aveva a Lola, eterna fè giurato” dove Santuzza, nella Cavalleria rusticana di Mascagni, introduce il suo dramma: è ancora innamorata e così indifesa, e il canto segue assolutamente le sue emozioni , e quel “io piango, io piango” è un acuto di dolore che fende l’aria. Si termina con la nuova “Danza dei sette veli- Tu non hai voluto lasciarmi baciare la tua bocca” dalla Salomè di Padre Giuseppe Magrino, direttore della Cappella Musicale della Basilica di San Francesco in Assisi, quasi una metastoria, rappresentata in anteprima assoluta proprio in questa città nel 2015. Nasce dalla volontà di dare nuova vita a una storia capace di rappresentare, con grande intensità drammatica, le passioni e le debolezze umane, utilizzando le forze vocali della Cappella Musicale stessa. Nella Salomè Padre Magrino cambia il finale riprendendo l’opera di Oscar Wilde, dove la pallida, bellissima principessa Salomè otterrà, grazie allla danza dei sette veli, quello che nessuno osava pensare o chiedere: la testa del Battista e baciare quel trofeo oramai pallido e sanguinante. Lei, con la testa del profeta in mano, chiede perché “ tu non hai voluto lasciarmi baciare la tua bocca” in un grido disperato. Per poi concludere: ebbene io vivo ancora, ma tu sei morto.
UNIVERSITA’ PER STRANIERI DI PERUGIA
CEARC Centro di Attività Culturali e Ricreative
La Parola Musicale- La Lingua Italiana e la Musica
In collaborazione con AMICI DELLA LIRICA- Perugia
“L’INQUIETO FEMMININO”
Relatore e Pianista STEFANO RAGNI
Con la partecipazione di ELISA BOVI (soprano)
Letture da Catherine Clément di GIANFRANCO BOGLIARI
Musiche di Rossini, Bellini, Verdi, Bolli, Puccini, Mascagni, Magrino
marilena badolato