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LO SPECCHIO DI ELENA: MUSEO NAZIONALE ARCHEOLOGICO DELL’UMBRIA

Può uno specchio riflettere un mito? Sì, se è del IV secolo a.C, bronzeo, di fattura etrusca e porta incisa la figura di Elena di Troia.

E’ vivo davanti a noi, e sospeso ad un sostegno. Nero, forma sferica perfetta, profilo piatto e codolo a linguetta, inserito forse in un manico di diverso materiale, legno oppure avorio, e inciso finemente. Raffinatezza di esecuzione, cura del disegno, con iscrizioni dai magici nomi etruschi dei protagonisti della scena: Elinei, Elena, Lamtum, Laomedonte- ma per alcuni studiosi Tindaro padre di Elena e dei gemelli Castore e Polluce, Pultike in etrusco-, e Auri, l’Aurora con il suo carro, il tutto circondato da un fregio vegetale. Vista l’amenità del ritratto sembra raffiguri una scena familiare di serenità per il ritorno di Elena a Sparta, dopo il ratto di Teseo, poiché la stessa Elena è effigiata come giovanissima fanciulla. Che Elena fosse bellissima nell’armonia delle forme muliebri, e che quindi fosse un soggetto “degno” d’essere rappresentato su uno specchio lo attestano altri ritrovamenti,  come uno di quelli della collezione Guardabassi, di fattura più modesta, che rappresenta nell’incisione dorsale Leda , madre di Elena, con la figlia sulle ginocchia che le cinge le spalle.

Immense composizioni letterarie e artistiche nascono attorno al mito di Elena anche nell’antichità con interpretazioni ora ostili, ora positive. Elena è un paradosso. Abbraccia bene e male contemporaneamente. “ A noi Zeus diede un  triste destino, ma, per questo, saremo cantati in  futuro dagli uomini che verranno”, fa dire Omero ad Elena nell’Iliade. Simbolo di bellezza e perenne esempio del potere terribile che la bellezza può esercitare, e il suo fascino ancora si perpetua con una meravigliosa ironia: senza volto, quasi sempre un corpo, anzi anche un fantasma, quella nuvola illusoria di perfezione che Paride porterà con sé a Troia. Elena, mito, ideale, figura metastorica, quasi come una interpretazione degli uomini stessi, che in fondo non l’hanno mai rappresentata com’era, ma come volevano che fosse.

E sfilano ora reperti e rappresentazioni importanti d’arte antica. Una statua di Leda e il cigno, dello scultore Timotheos; la Statuetta da Metaponto del 430-420 a.C, dove si intravede un’ embrionica Elena in calcare bianco che nasce dall’uovo; la Nascita di Elena dall’uovo si ripete anche in un cratere apulo a campana a figure rosse del 340 a.C.; o nel Ratto di Teseo, raffigurato in un’anfora di Euthymides, a Monaco. In un vaso a figure rosse da Berlino, che raffigura le nozze tra Elena e Menelao, quest’ultimo è rappresentato mentre conduce per mano, anzi “ per il polso”la donna che sarà sua sposa , una donna velata “dal profondo seno”, la cui figura lascia intuire un’armonica conformazione. La consuetudine di afferrare la propria donna per il polso appare anche con Paride, giovane guerriero, in uno skyphos, vaso del pittore Mackron, a Boston, nel retro del quale si vede Menelao che si riappropria di sua moglie la notte stessa della guerra di Troia.

Guido Reni nel Ratto di Elena, opera del 1631, apre una ipotesi diversa sull’atto violento o meno del rapimento: qui il ratto appare quasi come gioiosa sfilata di personaggi dove campeggiano in armonioso primo piano Paride ed Elena. Elena traditrice o vittima? Sarà vittima di violenza in  Francesco Xanto Avelli, in Tintoretto, in Luca Giordano. Sarà l’Elena traditrice di Gustave Moreau, raffigurata alle porte Scee e nell’atto di fare segnali ai Greci con la fiaccola accesa in mano. Come lo specchio nella sua duplicità riflette l’immagine e la rimanda, un passaggio da una dimensione ad un’altra, un oggetto legato al suo doppio e quasi tramite tra verità e desiderio, tra realtà e irrealtà, così la figura di Elena riflette questa doppiezza di ruolo e di interpretazione, quasi come una continuazione della duplicità dei suoi fratelli gemelli, i Diòscuri, ai quali era stata donata l’immortalità a Castore, e la mortalità a Polluce, ma anche ad ambedue la possibilità di alternarsi tra mondo dei vivi e dei morti. Il volto di Elena nella sua interezza apparirà rappresentato solo nell’800: nel 1819 Canova farà il Ritratto di Elena di un biancore affascinante; mentre con Dante Gabriele Rossetti il volto di Elena comincerà a liberarsi dalla sua composizione classicheggiante per acquisire forme di bellezza più moderna. Nel film La vita privata di Elena di Troia, del 1927, di Alexander Korda, la figura di Elena è riveduta e corretta ad uso dei moderni.

Infine la curiosa storia di un profumo: La Belle Haleine, Eau de Violette, di Marcel Duchamp del 1921. Belle Haleine è paronimo di Belle Helene e significa di grande respiro come fa intendere la parola haleine, fiato, respiro, ma anche sentore, odore, profumo. Così Belle Helene è riferito a Elena, la donna più bella del mondo, per la quale sono stati scritti poemi importanti, l’Iliade e l’Odissea di così grande respiro. In francese profumo si dice anche bouquet. E bouquet nel dizionario è sinonimo di poème, come insieme di cose e accadimenti, ne deriva che il contenuto della bottiglia, il profumo, è un poema, un capolavoro. Il cerchio allora si chiude, è perfetto. Questo il gioco cerebrale dell’arte concettuale di Marcel Duchamp, pittore e scultore francese. Ah, dimenticavo, anche grande scacchista!

Elena allo Specchio, adultera o sposa ideale?

Interventi e riflessioni curate da Laura Castrianni

Prossimo appuntamento:

Domenica 7 aprile ore 16.30, Visita guidata a tema:

Una questione di vita o di morte. Armi da offesa o da difesa nell’Antichità.

Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria- Perugia

marilena badolato              maribell@live.it

AUTHOR - Marilena Badolato