PICCOLO TEATRO DEGLI INSTABILI ASSISI: SABRINA IMPACCIATORE, E’STATO COSI’ DI NATALIA GINZBURG
CRONACA DI UNA MORTE ANNUNCIATA: il grido di una donna che perde la propria esistenza dietro ad un amore disperato. Sarà un monologo duro, lucido, di un amore folle. Monologo continuo e convulso rallentato solo dallo sguardo che talvolta ruota smarrito, mentre la mano aggiusta quella inutile triste rosa di stoffa posata sui capelli.
La luce si fa più intensa ed entra Lei. Il viso intensamente truccato, gli occhi bistrati di nero, sgranati e fissi, saranno bassi i respiri corti e affannati, taglienti, mentre la bocca sillaba le parole chiare scandite crudeli. –Gli ho sparato negli occhi- dice .
Lei è innamorata di un’idea: l’essere corteggiata, essere moglie, madre, speranza e ricerca ossessiva di sentirsi amata… non mi era mai successo che un uomo si interessasse a me…Tutte le fasi dell’innamoramento… ero contenta quando mi guardava, con quegli occhi allegri e accesi. Tutte le sere lo aspettavo ma non veniva…Lucidità di scivolare lentamente verso il baratro… mi innamorai di questo uomo piccolo, vecchio, con un impermeabile bianco e i riccioli grigi. Un uomo scialbo, opaco, monotono, non colorato.…mai una parola d’amore tra noi…Si alza il tono. Gli incontri per strada, Lei che gli rivela di amarlo e Lui, atterrito, che dice di amare già un’altra, non corrisposto però. Strano gioco di una non-corrispondenza. Nessuno dei due dorme quella notte per questa scoperta: ambedue amano non riamati. Capiscono che devono sposarsi, per questa tragica comune condizione. Ma Lui mi amava, disegnava sempre la mia faccia sul suo taccuino. Dopo sposati non lo faceva più e la lasciava sola per giorni interi, per viaggi… dove vai, con chi sei, sei con lei? Ma se sei la sola cosa che ho, Lui rispondeva. Ma un amico comune rivela che l’altra esiste, che ha un nome, Giovanna, …e una faccia niente di speciale e nemmeno tanto giovane…Le cade il mondo addosso, prima era solo un’idea, che ora si concretizza. Si sente un’idiota ad amarlo. Nemmeno la nascita di una figlia riuscirà a cambiare queste vite. La bambina nasce,…non è nemmeno tanto bella…è capricciosa, vuole che le canti sempre la stessa canzoncina francese, imparata da mia madre. Lui riprende e continua la sua vita di uomo grigio, viaggi e assenze. La bimba ora parla e gioca col suo cammello… che muove la testa e dice sempre sì’. Improvvisamente si ammala, ha la febbre alta, il medico prescrive inutili rimedi empirici e la piccola peggiora piange, urla sempre, ma …ora non piange più e ha gli occhi cerchiati di nero. Sul lungomare, lì sotto alla stanza, tutto è tranquillo, mentre nella stanza la bimba sta morendo…sguardo spento, amaro e lontano, di chi non chiede più niente a nessuno… Arriva Lui e piange sulla sua spalla, la figlia morta. Disperato, le rivela che non è capace di amare nessuno.
Nessuno qui riesce ad amare. Tragico destino di un modernissimo pathos.
...e allora ho cominciato a pensare alla rivoltella (vista per caso un giorno in una stanza chiusa). E ci pensavo sempre quando pulivo, quando cucinavo, quando pelavo le patate...Lui ricomincia a uscire, ricominciano i viaggi, la sua vita. Lei osserva sempre la rivoltella. Ricorda quando bambina si nascondeva a piangere nello stanzino del carbone…. odore della pomata nera sulle mani, odore delle pere al forno…
-Poi così gli ho sparato negli occhi.- Lui preparava la valigia di nuovo. Gli ho detto- Dimmi la verità- e ha detto- Quale verita?- Aveva fatto un disegno in fretta sul suo taccuino di un treno lungo lungo e rideva e io gli ho sparato negli occhi-
Termina con l’agghiacciante refrain iniziale, ossessivamente ripetuto. Gli ho detto: – Dimmi la verità- e ha detto- Quale verità- E io gli ho sparato negli occhi.
Grandissima prova di Sabrina Impacciatore, esausta, di una sensibilità estrema. Un assolo sofferto, senza pause, una lunga riflessione su sentimenti di vita di tutti noi. Un canto triste sull’incapacità di amare. Una lucida cronaca di una morte annunciata.
Amare la vita e crederci vuol dire anche amare il dolore, vuol dire amare il tempo in cui siamo nati e le sue voragini di terrore; e vuol dire amare, del destino, la sua oscurità e la sua tremenda imprevedibilità. E’ tuttavia ancor vero che su un simile pensiero non si può costruire nulla, non essendo, per verità un pensiero costruttivo, ma una sorta di fuoco che ciascuno accende in solitudine e per conto suo. Natalia Ginzburg
SABRINA IMPACCIATORE E’ STATO COSI’ REGIA DI VALERIO BINASCO
PICCOLO TEATRO DEGLI INSTABILI ASSISI
marilena badolato maribell@live.it