ROVEJA
ROVEJA
Roveja, sapore vero, natura. Natura, impossibile non partire da lì, da una dispensa orgogliosamente autoctona. Roveja, un ritorno al futuro grazie alla curiosità di Silvana Crespi e Geltrude Moretti di Civita di Cascia che piantano quei semini ritrovati per caso in un vecchio vasetto dimenticato e riaccendono il miracolo di un gusto che si pensava perso. E con lui si riaccende un territorio, che si sentiva perso dopo l’ennesimo terremoto: la Valnerina, uno scrigno prezioso di tesori. Piselli selvatici, piccole perle di gusto: è difficile per un prodotto storico e selvaggio, datare con precisione un’origine temporale e orografica, vista la vastità dell’aree interessate. Si pensa sia originaria del Medio Oriente, soprattutto dalla Mesopotamia come altri legumi e cereali, e insieme a lenticchie orzo e farro è presente sin dal Neolitico. Coltivata in pochissimi appezzamenti e in zone montane e pedemontane della dorsale appenninica umbro-marchigiana, dove si trova anche spontanea nei prati e nei fossi, resiste bene alle variazioni termiche tra giorno e notte e rifugge i terreni pianeggianti perché tende ad allettare, inoltre non necessita di molta acqua. La sua raccolta avviene nel periodo estivo, in pieno sole, dalla fine di luglio, quando le foglie ingialliscono e le piante vengono estirpate a mano e lasciate nel campo ad essiccarsi al sole.
Raccolta faticosa, una volta tutta la famiglia collaborava a questa raccolta manuale. Quando sono completamente essiccate, si passa alla trebbiatura e alla successiva cernita per separarla soprattutto dalla veccia. In tempi passati coltivata, poi dimenticata, forse perché considerata foraggio animale o per la difficoltà della sua raccolta, oggi la troviamo a Civita di Cascia, a Castelluccio di Norcia e in piccole zone limitrofe. Roveja, Presidio Slow Food, recuperata anche nell’antica preparazione macinata a pietra, la farrecchiata, dove la tecnica di cottura viene dall’ingegno di una sussistenza contadino-pastorale. Una polenta di legumi generici era la farrecchiata per sopravvivere in montagna. Farrecchiata stessa radice latina di far, farina, e poiché questi sfarinati venivano sparsi sul capo degli animali da sacrificare agli dei, da qui il vocabolo immolare (da mola-macina). Le parole ci aiutano a capire il mondo. Farina di roveja, farrecchiata, sinonimo di miscuglio di cereali. Da sfarrare, frantumare in farina, deriva l’aggettivo farraginoso, poco chiaro, torbido.
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marilena badolato maribell@live.it