SAN GIUSEPPE “DELLE FRITTELLE”.
LE ORIGINARIE frictilia latine ne hanno fatta di strada. Il nome deriva dal suono onomatopeico dello sfrigolio del grasso, quasi sicuramente strutto, nella padella. Le troviamo anche nel libro De arte Coquinaria di Maestro Martino, metà del 1400, che propone frittelle di formaggio, di erbe amare, di salvia e alloro, di mele, di fichi, ma anche di riso, di fiori di sambuco, di mandorle e “piene di vento”, ossia di sola pastella. Le “fritole o fritoe”, appaiono tipiche della cucina veneziana, anzi vengono considerate la più antica ricetta del luogo, quasi il piatto ufficiale della Serenissima. Venivano preparate dai fritoleri, una vera e propria corporazione composta da famiglie di lunga tradizione. Questi si posizionavano ai bordi delle strade e vendevano ai passanti queste deliziose leccornie fritte. Ma anche Napoli ha la sua lunga tradizione-le zeppole- per san Giuseppe. Ne rimane incantato persino Goethe che scrive (Viaggio in Italia, 1787) di una Napoli “che mi si annunzia libera, allegra, vivace” e che durante la festa di San Giuseppe, nella folla di gente minuta che si accalca sul molo vede, tra Pulcinella e ciarlatani, anche frittaioli, friggitori di pasta che vecchie parrucche bionde dovrebbero travestire da angeli per la festa del santo.
OGGI a Perugia si friggono le frittelle di riso, chi può le prepara con gusto e devozione a casa, altri invece le comprano nei numerosi forni e pasticcerie della nostra città che, con orgoglio cittadino, le espongono in bella vista. Una frittella di riso ben fatta è un’estasi. Non troppo consistente, né troppo alta- che frittella sarebbe chè il nome stesso ne indica una dimensione piatta e larga-, né con l’aggiunta di troppa farina o lievito, che il riso sparirebbe in un mare di pasta perdendo quel gusto del chicco in bocca. Niente uvetta, né pinoli o altro nelle nostre frittelle perugine di San Giuseppe. Riso precedentemente cotto nel latte e profumato di vaniglia o cannella e con l’aggiunta di rum o mistrà, e alla fine cosparse di zucchero semolato per gustare, mangiandole, il matrimonio, vero, tra il chicco di riso che ancora si scorge e lo zucchero che a lui si unisce, ambedue sciogliendosi contemporaneamente in bocca. Mai zucchero a velo, svanirebbe lasciando un gusto dolce immediato, coprendo quello della frittella. No. Deve essere un matrimonio di gusto, e sarà allora un assaporare slowly un manufatto antico, così coinvolgente anche oggi 19 marzo A.D 2024.
E’ ANCHE l’onomastico di molti Giuseppe e Giuseppina, di moltissimi Pino e Pina, di altrettanti Beppe o Beppina a seconda se ci spostiamo da sud a nord della nostra penisola. E’ anche la festa dei papà. E festeggiamo allora concedendoci qualche frittella. Oggi trasgrediamo con gusto.
marilena badolato