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TEATRO CUCINELLI – SOLOMEO. SINFONIA D’AUTUNNO: UN DEVASTANTE TSUNAMI DI INDIFFERENZA.

TUTTO IN UNA NOTTE O POCO PIU’. In poche ore si racconta una vita piena di solitudine e di dolore, un  dolore  sempre incompreso. Dal singolo e dai più. Autunno sprofondato nell’anima, che ogni tanto riaffiora e subito è ricacciato all’interno, autunno nei colori della stanza, autunno fuori in un paese dove “piove sempre” e dove i continui boati dei tuoni rompono gli agghiaccianti assoli dei protagonisti.

 

E ALL’ORIGINE DI TUTTO UNA MADRE con la musica del suo pianoforte prima di tutto, con la sua disperata ricerca di affermazione su tutto e tutti e le sue figlie, “superstiti” di una famiglia che non c’è più, se mai vi è stata. E con un genero comprensivamente dolce perché perso nel suo dolore, e nella “Solitudine Assoluta” che investe lui e tutti.

 

E SCORRONO SCENE DI VITA E ACCADIMENTI TRAGICI, MA FLUIDI. Un fiume in piena di dolore che scorre soltanto su noi spettatori, seduti in sala, impietriti e sgomenti, ma non sugli attori, bravissimi, che continuano e continueranno la loro vita di sempre. Infatti la scena finale si chiude esattamente come quella iniziale, stessi colori plumbei, stesse pose, stesse situazioni. Gabriele Lavia lascia il cerchio della vita ancora aperto, ma suggerendoci, piano, e con grande tecnica e maestria, che nulla cambierà nei protagonisti. Eva/Valeria Milillo, seduta alla scrivania, scrive l’ennesima lettera alla madre Charlotte/ Anna Maria Guarnieri, “di nuovo partita”, chiedendole scusa per la sua disperata dichiarazione  di un amore che sente da lei mai ricambiato; Victor/ Danilo Nigrelli, riaccende lo schermo con le immagini del piccolo figlio scomparso e coccola questa sua moglie nevrotica che ama di un amore incompreso, mentre dietro, in lontananza, le grida agghiaccianti dell’altra figlia Helena/ Silvia Salvatori- una sola volta in scena con il corpo martoriato a dimostrare fisicamente le ferite di un abbandono materno- si alternano ai tuoni e riempiono la platea di sinistri rumori, e cade la pioggia su queste anime morte, un devastante tsunami di indifferenza.

 

STUPENDO IL CAST, CON UNA SUPERLATIVA ANNA MARIA GUARNIERI, gli occhi e lo sguardo quelli di sempre, vivi ed espressivi, dalla straordinaria mimica facciale che alterna la rivelazione del dolore fisico delle fitte lancinanti alla schiena, le stesse che hanno bloccato la sua carriera artistica di affermata pianista, a quelle dell’indifferenza e dell’egoismo di una vita che scorre però, anche dopo ogni attacco, come prima. La valigia preparata già la sera dell’arrivo a casa della figlia, è foriera di una nuova partenza e di un nuovo addio alla famiglia. Per il pianoforte ha rovinato la sua vita, ha sacrificato a lui l’affetto per i suoi cari, a questo “ strumento bellissimo e terribile, nero e crudele” . Il grigio dei capelli e di un lungo “saio” che la copre, la identifica all’inizio, ma durerà poco. Il rosso la coprirà poco dopo, quando avrà superato la crisi dovuta alle accuse della figlia che le rinfaccia la sua assenza nella loro vita: è pronta a ripartire.

 

LA FIGLIA EVA, UNA BRAVISSIMA VALERIA MILILLO, vive sprofondata nelle sue nevrosi che manifesta fisicamente e nelle terribili disgrazie che la vita le ha riservato, alternando le cure alla sorella malata e immobilizzata su una sedia a rotelle, alla visita alla stanza del figlioletto morto, dove ascolta la musica dei suoi tanti carillon. Succube della madre, carente di quell’affetto che non sa riconoscere- infatti non riconosce nemmeno quello del marito Victor- ha il coraggio alla fine di rinfacciarle tutto il dolore sofferto, salvo poi scriverle, alla sua partenza, l’ennesima lettera di scuse e di amore. Lettere che hanno rincorso questa madre vacante per tutta la vita.

 

L’ALTRA FIGLIA HELENA, INTERPRETATA DA UN’ALTRETTANTO BRAVA SILVIA SALVATORI, manifesta nel corpo le ferite della incomunicabilità, della mancanza d’amore e d’affetto di un madre; in lei l’indifferenza e la malvagità materna hanno scatenato la malattia evidente e manifesta: grida al mondo e a tutti il suo dolore, suoni gutturali senza senso, parole incomprensibili interpretate solo dalla sorella che ne ha condiviso la vicenda familiare e ne può quindi tradurre il dolore. Le grida irrompono in scena alternandosi a cupi e minacciosi brontolii del cielo, quasi maledizione incombente sempre sopra le loro e le nostre teste. E quando riuscirà, non vista dagli altri, a scivolare dalla sua sedia a rotelle e scendere le scale dal piano soprastante, strisciando per la sua infermità fino ai noi e apparire in scena, per miracolo si comporrà davanti ai nostri occhi una scena unitaria.

 

UNA PIETA’ con tutti i protagonisti del dramma. Per un attimo Charlotte al centro, lei, la protagonista di tutti i mali con le mani sospese sopra l’immaginario pianoforte, Eva alla sua destra, in basso e a lato con il capo reclinato, e subito dietro Victor che sorregge tra le braccia e tenedole ferma  la  fronte, la dolente Helena che grida e si contorce. Si compone allora, ma solo per un attimo, il dolore di tutti, per un quadro di dolore che dura solo un istante e subito si scioglie, si scompone.

 

VICTOR, UN MOLTO BRAVO DANILO NIGRELLI, equilibra certe volte la scena di rassegnato dolore. Non fa parte di questa famiglia, ma ne  ha condiviso la storia e le sorti  sposando Eva e soprattutto soffre con lei  la tragedia della perdita del loro piccolo Eric. Vive infatti incollato allo schermo che trasmette le immagini del bimbo e vicino a questa moglie nevrotica, comprandole la casa che voleva, un posto che a lei piace “ questo posto è buono, è qui che voglio stare”, e seminando inutilmente amore che lei non raccoglie. “ Cristo ha sofferto in fondo solo poche ore per la sua crocifissione, ha molto più sofferto per l’ ”abbandono” dei suoi. La sofferenza di Cristo è la solitudine assoluta del silenzio di Dio.” Così esordisce Victor nella scena iniziale, tirando in ballo, in scena, quella CROCE che si portano tutti dietro e dentro, quella dell’abbandono, della impossibilità a capirsi e a capire. “ Ed io, in fondo, sono la morte di mio figlio”, concluderà, accendendo per l’ennesima volta lo schermo con le immagini del bimbo.

 

NOTE DI REGIA DI GABRIELE LAVIA. “Essere esclusi”: un sentimento che Bergman doveva conoscere molto bene. Un sentimento comune ai ‘teatranti’, anche ai ‘concertisti’…comune a quegli strani esseri umani che ‘si espongono’, che ‘sono’ sul palcoscenico. Hanno una sola possibilità d’essere: ‘esporsi’. Non riescono a essere Padri o Madri. Mariti o Mogli. (…) Ma forse questa ‘esclusione’ e questa ‘Solitudine Assoluta’ sono la maledizione comune della nostra epoca. L’epoca del Nichilismo compiuto”.

 

                                                                                              TEATRO CUCINELLI SOLOMEO
                                                       

                                                     SINFONIA D’AUTUNNO DI INGMAR BERGMAN – REGIA DI GABRIELE LAVIA
    

                                                     Prodotto dalla Fondazione Brunello Cucinelli e dal Teatro Stabile dell’Umbria

 

marilena badolato     maribell@live.it

AUTHOR - Marilena Badolato